«Soldi i nostri soldi oppure ci buttiamo» Gli operai del tetto denunciano la ditta

Caso Beta srl: i dipendenti denunciano i datori di lavoro morosi ai carabinieri. Si è chiusa così la protesta ad alta quota di tre operai nordafricani che l’altro ieri mattina sono saliti sul tetto della nuova palestra (in fase di realizzazione) del campus universitario dell’Insubria.

Dichiarandosi quindi pronti a buttarsi per ottenere i sei mesi di retribuzione mai pagata dalla ditta per la quale lavoravano e che lo scorso inverno, di quella palestra, ha costruito le opere murarie.

La Beta srl, con sede a Milano, aveva ottenuto il lavoro in subappalto. Tutto in regola: l’azienda aveva superato tutti i controlli standard.

Ma a lavoro finito il titolare, regolarmente pagato dalla ditta appaltatrice dell’incarico per il lavoro eseguito, parrebbe essere sparito con i soldi.

L’aiuto dell’Arma

L’altroieri i tre operai, scesi dal tetto dopo un paio d’ore di trattativa con carabinieri e vigili del fuoco, negli uomini dell’Arma hanno trovato giustamente degli alleati. La promessa fatta: «Scendete e venite a formalizzare la denuncia contro chi vi deve dei soldi, soltanto così potremo agire», è stata mantenuta.

Presentata la querela si è partiti con le indagini. Purtroppo tutt’altro che semplici. La Beta srl risulta essere in liquidazione.

La ditta, insomma, non c’è più. Il titolare, un cittadino albanese, è ad oggi irreperibile. Sparito nel nulla dopo che a marzo era terminato l’intervento nel cantiere varesino di via Monte Generoso e il conto era stato saldato.

L’uomo risulterebbe irraggiungibile anche telefonicamente. O meglio: il contatto cellulare in possesso degli ex dipendenti è del tutto inservibile.

Sospesi nel limbo

Insomma l’imprenditore balcanico non risponde. Le ricerche sono comunque in corso. Secondo quanto denunciato dai tre operai, in rappresentanza di una decina di dipendenti Beta, l’ex datore di lavoro deve una cifra che si aggira, al ribasso, sui 30 mila euro.

Quel che ha fatto rabbia agli operai è soprattutto il fatto di essere rimasti sospesi nel limbo. In balia di comprensibili difficoltà economiche, che chiunque avrebbe se restasse per sei mesi senza stipendio, senza avere alcuna informazione. Ora da Varese è partita la caccia all’imprenditore fantasma.

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