Lo si era cercato, tre settimane fa, nella data del suo compleanno. Lo si era cercato dappertutto, tranne che all’obitorio di un ospedale dove da tempo il cadavere di un uomo – senza documenti addosso – aspettava di essere identificato. Da “clochard”, ma no, togliamo quest’aura di bieco romanticismo; da barbone, da barbone rimasto privo dell’aggancio alla dimensione degli affetti, è morto lunedì 21 novembre – e solo iersera la notizia ha iniziato a circolare tra gli ex compagni – Peter Melvin Mallory, uno degli uomini che portarono a Busto il primo SuperBowl con la maglia dei Frogs,
Rimini, luglio 1984. Melvin da New York, 184-84, 1961-2006 reciterà la lapide, due mani che erano gloria a Dio per quel che riusciva a catturare, in coppia con Steve Moore, nella perfezione del gruppo che ai Warriors Bologna inflisse un 16-6 in finale. Due touchdown fulminei nel primo quarto, orchestratore Pierpaolo Gallivanone che era l’Herbert von Karajan del gioco aereo, un addizionale ed un field-goal del compianto Riccardo “Ricky” Viganò a chiudere i conti; a Melvin gli arbitri negarono un touchdown. Il tutto tra numeri da circo, arabeschi ed acrobazie, perché questo sapevano offrire i Frogs: oltre ai risultati, oltre alla solidità delle linee ed ai linebacker blitzaioli tra stringhe trone e natte, lo spettacolo.
Per vedere i Frogs, per vedere il mago Melvino (volete un termine di confronto? Charlie Yelverton nel basket), in quei tempi giungevano da ogni dove, ed a legioni. Ogni tanto arrivavano prima di Melvin, che una sera si perse nella nebbia tra Borsano e Dairago mentre lo si aspettava a Bienate, partita iniziata, sul piazzale arrancò una “127” scrancia e quel ragazzo fluidiforme saltò giù a mezzo ancora in movimento, sorry coach damn fog, prese casco ed armatura e si buttò nell’“huddle”, sorry folks let’s play, tre azioni ed a modo suo il timbro sul cartellino. Parlano i libri: nel 1984, 20 ricezioni per 257 yarde e sei touchdown in stagione regolare, al saldo con 10 vittorie in 10 incontri. I Frogs chiusero a 13 su 13, 312 punti segnati, 73 subiti; ed il bimballegro fu secondo miglior realizzatore a quota 42.
Qualcuno si meravigliò, qualcuno: non chi mesi prima l’aveva scelto vedendolo dominare il torneo “Basi Nato” con i Blue Knights Vicenza. Meno fortunate furono le esperienze successive: sugli stessi livelli, sì, nel 1985, quando i Frogs si arresero tuttavia in semifinale agli Angels Pesaro; nel 1987, un passaggio ai Rhinos Milano; nel 1989, un transito ai Pirates Varazze. Quasi 30 anni dopo, in una rimpatriata, si vide che Melvin era rimasto asciutto nel fisico. Non così, racconta ora qualcuno, nelle abitudini. Forse il declino aveva già avuto inizio, forse. Poi il “tunnel”, le sempre più rare comparsate, i sempre più sporadici messaggi. Infine, il silenzio.