Fossero tutte così le domeniche. Perché la cinquina rifilata al Trapani ha spazzato via il doppio ko di Vercelli e Livorno, dove il Varese non era riuscito a segnare. Come la squadra, anche Lele Ambrosetti non ha vissuto un periodo facile, ma i risultati aiutano tutto e tutti, lui compreso.
Il Varese è sempre snobbato. I meriti di questa vittoria e di questo progetto devono essere dati al nostro allenatore. Venivamo da un momento delicato della stagione, per me, per l’allenatore, per i ragazzi. E ci voleva una prestazione del genere.
A me piace tutto di questa squadra: la sfacciataggine, l’esuberanza, e anche il timore, perché fa parte della crescita. Noi non dobbiamo aver paura di sbagliare. Anche quei minuti di sofferenza del secondo tempo servono. Come sono felice io, lo sono tutti i tifosi e i giocatori. La cosa importante è cancellare tutto ciò che accade, sia le cose positive che quelle negative. Bisogna valutare tutto e poi ripartire. Quando tutti ragionano in una stessa maniera, poi le cose vengono da sé. Lo sappiamo che andremo incontro a situazioni quasi inspiegabili. Comunque è stato fantastico l’applauso di tutto il gruppo all’interno dello spogliatoio. Da mettere i brividi.
Lui mi ha aiutato per un anno intero, girando i campi assieme a me per vedere partite e giocatori, mi ha fatto conoscere situazioni che io ancora non riuscivo a capire. Quando io seleziono i giocatori, mi indirizzo su coloro che ancora non sono completi. Ci pensa poi lui, perché è lui che li deve allenare e gestire. È una persona meravigliosa.
Ne abbiamo parlato, però siamo sereni e tranquilli, perché il gruppo è veramente importante, fatto di uomini veri. Anche questa è un’ennesima prova da superare per tutti. Nessuno ne approfitterà: ben vengano queste situazioni, che servono per crescere.
Ha segnato il gol, indicando tutti i tifosi, ed è poi saltato in braccio a Bettinelli. Sembra un ragazzino ma non lo è. Io credo che nulla venga per caso, né il gol di Arturo, né il suo atteggiamento. Bisogna dare le possibilità alle persone, e il mister le dà.
Nel progetto iniziale sapevamo che potevamo andare incontro a situazioni difficili, non è un problema solo di Varese. Sulle fasce è più facile sbagliare, i moduli o gli schemi contano fino a un certo punto. Dobbiamo ragionare non sul singolo componente, ma sulla squadra.
L’anno scorso ha giocato solo 5-6 partite ad Avellino. È un ragazzo fantastico che cerca di migliorare giorno per giorno. Sono persone su cui dobbiamo puntare, perché la fiducia e la convinzione si conquistano solo sul campo.
È bello che lui porti un pezzo di biancorosso in giro per l’Europa nelle qualificazioni europee.
Sabato è venuto suo padre a vederlo e alla fine è scoppiato a piangere (due anni fa Stefan ha perso la mamma, ndr). A Carpi avevamo perso 4-2 e, anche se non aveva giocato, è rimasto sul campo ad allenarsi dopo la partita. Anche in lui il Varese crede fermamente.
Sono andato a prenderlo alle buste, perché noi ci crediamo. È stato anche tanto tempo fermo. Ma saprà dare tantissimo per questa maglia.
Quando parlo di Varese io penso sempre alla sua gente. Ho girato parecchio, ma qui c’è qualcosa di diverso. Sabato i tifosi sono stati strepitosi, e sul 4-2, dopo che il Trapani ha sfiorato il terzo gol, gridavano «Varese Varese», dando una forza incredibile alla squadra. Io lo stadio lo vedo sempre pieno.
Giocandosi tutto, è la partita della vita e non c’è ritorno. Il Varese si gioca sempre tutto ogni sabato, in ogni cosa che fa.
Giocavamo in giro per il mondo, ma lui diceva sempre: il diavolo si nasconde nei dettagli. Vale lo stesso per noi: il diavolo si nasconde nelle piccole stupidate da cui prendiamo gol. È lì che dobbiamo batterlo.
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