La “legge anti-casta” fa discutere: approvata in prima lettura alla Camera, approderà al Senato nel mese di settembre. Ma reggerà? Intanto sono 26 gli ex parlamentari varesini che rischiano di vedersi sensibilmente ridotto il vitalizio con il ricalcolo contributivo previsto dalla nuova legge.
Da giorni è uno degli argomenti principali di discussione nel dibattito politico nazionale: il taglio dei vitalizi, uno dei simboli per eccellenza della “Casta” politico-parlamentare. Già aboliti nel 2012, restano in vigore i generosi assegni di chi ha frequentato le aule parlamentari fino alla precedente legislatura. La proposta di legge di Matteo Richetti (Pd), che vede tra le proprie firme anche quella di due deputati della provincia di Varese, i “dem” Maria Chiara Gadda e Angelo Senaldi,
prevede non solo l’equiparazione del sistema previdenziale dei parlamentari a quello vigente per i lavoratori dipendenti, inclusa l’applicazione della soglia dei 65 anni di età per l’erogazione del trattamento previdenziale (oggi chi ha effettuato più di una legislatura completa può vedersi ridotta la soglia di accesso al vitalizio a 60 anni) ma anche la sua estensione a tutti gli eletti, compresi gli ex parlamentari che attualmente beneficiano dell’assegno vitalizio, in modo da abolire definitivamente i trattamenti in essere basati ancora sul vecchio sistema e ricalcolare l’importo delle pensioni degli ex parlamentari in base ai contributi effettivamente versati nel corso della carriera parlamentare.
Sui circa 2600 ex parlamentari percettori di vitalizio (per una stima di oltre 180 milioni di spesa all’anno), sono 26 i varesini (per attività politica e provenienza). Spulciando tra i nominativi dei beneficiari degli assegni, spuntano i personaggi di spicco della “Prima Repubblica”, ma anche molti leghisti della prima ora, protagonisti degli anni d’oro del movimento trascinato a “Roma Ladrona” dal Senatur Umberto Bossi. In Parlamento la legge Richetti è stata approvata in prima lettura alla Camera, votata da Pd e Movimento Cinque Stelle, ma anche da Lega Nord e Fratelli d’Italia. A settembre approderà in Senato, dopo che è stata bocciata la richiesta dei “grillini” di votarla subito, e lì già molti sospettano che possa reggere alle maggioranze “ballerine” di Palazzo Madama. Anche se poi prevedibilmente dovrà essere la Corte Costituzionale ad esprimersi, visto che, come già successo spesso in passato, non è detto che la modifica retroattiva di un “diritto acquisito” venga accettata. Poco male, visto che difficilmente la Consulta potrà dare la sua sentenza prima della prossima campagna elettorale. Del resto non si può neanche sapere precisamente a quanto ammonteranno le effettive riduzioni dei vitalizi degli “ex”: una circostanza che è stata fortemente criticata dal presidente dell’Inps Tito Boeri, che ha chiesto alle Camere di rivelare non già l’ammontare complessivo del risparmio stimato dal ricalcolo contributivo ma di mostrare in modo trasparente la differenza di trattamento che ciascun ex deputato o senatore riceverà con le nuove regole. Anche perché, dalle stime che stanno circolando nei corridoi dei palazzi romani, parrebbe addirittura che qualche ex parlamentare di lunga carriera possa vedersi addirittura riconosciuto un aumento del vitalizio, in virtù dei contributi versati, mentre ovviamente saranno più colpiti coloro che hanno effettuato legislature a metà. Per ora si sa solo che la riduzione media prevista negli assegni sarà attorno al 40%, per un risparmio complessivo per le casse dell’erario che è stato calcolato in almeno 70 milioni di euro all’anno. Apertamente schierata contro la proposta di legge Richetti è l’associazione degli ex parlamentari, di cui è vice presidente vicario il bustocco Paolo Caccia, già deputato per la Democrazia Cristiana per diverse legislature ai tempi della “Prima Repubblica”. «Ci siamo dati la regola di lasciar esprimere la nostra posizione al nostro presidente Antonello Falomi, con cui abbiamo concordato la linea da tenere» spiega l’onorevole Caccia. In queste settimane il presidente degli “Ex Parlamentari” Falomi è intervenuto pubblicamente in più occasioni, ventilando ricorsi contro l’incostituzionalità del provvedimento e tacciando di demagogia e populismo gli autori di questa iniziativa parlamentare.