Fiori biancorossi, per i settantasette anni che avrebbe compiuto lo scorso 25 settembre. Ciclamini che la moglie aveva preparato con cura, e adagiato sulla tomba al cimitero di Cazzago Brabbia per un augurio al “President”, condottiero per anni della Cooperativa dei pescatori con sagacia e fedeltà. I fiori sono spariti, il 27 non c’erano più, rubati.
Quasi come portar via la bandiera del Varese calcio, infangarla, perché il Natale era una figura leggendaria della tribuna coperta di Masnago, estate e inverno, a capo scoperto o con l’immancabile berrettone di lana con pompon, vicino al figlio , con la stessa espressione pacata e riflessiva che manteneva anche in barca, quando “metteva giù” appena fuori il porticciolo di Cazzago.
«Non so cosa dire», racconta Giancarlo, «è un brutto gesto che sul piano umano procura parecchio dispiacere. Ci si chiede perché li abbiano rubati e soprattutto cosa ne possano fare i ladri di pochi fiori, che per noi della famiglia erano il simbolo della fede biancorossa di papà. Che sia colpa della crisi economica o di quella, ben peggiore, di valori, non saprei dire, fatto sta che i furti nei cimiteri succedono sempre più spesso e sono davvero inaccettabili.
Quella volta che andò al Ferraris
Ma il Varese non ha dimenticato il suo grande tifoso e ora nuovi fiori sono arrivati sulla tomba di papà». Natale Giorgetti era uomo di poche parole, ma Giancarlo se lo portava appresso al “Franco Ossola”, «e una volta conandò perfino a Genova a vedere la partita dei play off per la serie A spingendosi addirittura fino allo spogliatoio».
A pescare, ormai, sono rimasti in quattro: e
di Cazzago, di Bodio e di Gavirate, su un lago sempre più malato e stanco.
«Negli scorsi giorni leggevo gli articoli che papà aveva ritagliato e messo da parte nel corso degli anni, e devo dire che la storia si ripete: le alghe che invadono le acque, l’allarme e poi, trascorsa l’emergenza, su ogni cosa ritorna il silenzio, fino a quando l’anno successivo arriva di nuovo il pericolo», dice Giancarlo Giorgetti.
«Per fare più pressione, servirebbe utilizzare il diritto di pesca della cooperativa come arma giuridica, ma in maniera continuativa, e non soltanto quando il lago si riduce a una palude. Poi allestire nuovi vasconi di laminazione per fronteggiare le emergenze. Il collettore non ce la fa più, quando fu costruito c’era un terzo degli insediamenti abitativi rispetto a oggi, ne occorrerebbe un secondo ma, con la crisi economica, al momento è un progetto impensabile. Però qualche vasca in più potrebbe almeno alleviare la tracimazione di sostanze inquinanti nel lago quando le piogge sono eccessive»
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