Sesto Calende – «Adesso ci fanno passare pure per quelli che massacrano i precari». Nei panni dei carnefici gli operai della Lascor non vogliono proprio starci. Dopo la clamorosa bocciatura dell’accordo aziendale che avrebbe introdotto il lavoro a ciclo continuo in alcuni reparti dell’azienda sestese, ieri i dipendenti si sono sfogati fuori dai cancelli dello stabilimento di via Piave: «Siamo stati dipinti come degli egoisti e irresponsabili. Ci piacerebbe tanto sapere chi ha dato certe informazioni». Nessuno però
si spinge nel dettaglio, nessuno vuole fornire informazioni sulle vere ragioni del no. «Dovevate venire ieri a intervistarci, mica oggi, dopo averci dipinti come degli egoisti e irresponsabili». Qualcuno, tra i lavoratori, sfugge alle domande, dice di non saperne nulla (o di non volersi interessare alla vicenda), altri argomentano in maniera colorita, altri ancora provano a dare spiegazioni a mezza bocca: «Mah, non so perché abbia vinto il no, magari qualche parte sindacale ha spinto in quella direzione, magari per qualcuno non era soddisfacente la parte economica dell’accordo raggiunto tra l’azienda e i sindacati al tavolo della trattativa». Una posizione parzialmente confermata da altri lavoratori, che arrivano alla spicciolata camminando lungo la recinzione dell’azienda: «Diciamo che si poteva fare di più – spiega un’operaia da dietro un paio di occhiali da sole – non si possono sempre sotterrare gli operai in nome della produttività. Forse con un accordo economico più vantaggioso ci sarebbe stato un più elevato consenso a questa proposta. In questo momento di crisi è vero che dobbiamo essere contenti per il lavoro che abbiamo, ma non ci si può chiedere di rinunciare a fine settimana e vita privata con una manciata di euro».
La Lascor di Sesto Calende è un’azienda specializzata nella fabbricazione di casse d’orologio in leghe, acciaio e metalli preziosi. Una minima parte della lavorazione viene effettuata con l’ausilio di macchine, il resto è opera di orafi da banco che non sono interessati dall’accordo proposto dall’azienda. Una realtà che ha dato e sta dando lavoro da diversi anni e che in un momento di crisi rappresenta veramente una fortunata eccezione. Da questa valutazione deriva anche lo sbigottimento della città, basta fermarsi a fare quattro chiacchiere sul lungofiume per rendersi conto della reazione dei sestesi: «Non vogliono lavorare alla domenica? Si vede che hanno tutti la pancia piena» è il commento di un anziano signore. «Siamo pieni di disoccupati, se questi non vogliono lavorare ce ne sono tanti altri pronti a farlo, non capisco dove sia il problema». Altri, più diplomaticamente cercano la via di mezzo: «Bisogna vedere cosa prevedeva questo accordo nel dettaglio, magari c’è qualche componente marginale che penalizza o preoccupa, oppure l’incentivo economico non è sufficiente a ripagare per la rinuncia alla vita familiare nei fine settimana». Eppure, confermano ancora altri dipendenti, non è la prima volta che l’azienda ricorre al ciclo continuo: «L’anno scorso è stato fatto in un repartino dove lavora un collega, addirittura hanno fatto il sei più due, quindi più duro di quello proposto e nessuno si è lamentato, hanno fatto quello che dovevano e sono tutti contenti. A volte si creano problemi dal niente».
Intanto anche il sindaco di Sesto Calende Marco Colombo ha accusato i lavoratori di non rendersi conto della gravità della situazione.
L’azienda comunque potrebbe applicare unilateralmente l’accordo.
p.rossetti
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