Gasbarroni e il match con Livorno «Varese deve vincere, vincerà»

VARESE Andrea Gasbarroni è uno dei talenti più puri visti al Franco Ossola negli ultimi trent’anni. Chiamatelo trequartista, fantasista, nove e mezzo: uno che dà del tu alla palla, e la palla in soggezione gli dà del lei. Ha 31 anni e un curriculum da domanda amletica. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? «Forse potevo fare di più, ma sono contento della mia carriera – dice – Ho giocato in piazze importanti: Genova, Palermo, Parma, Torino. Ho fatto tanta serie A e un po’ di serie B, ho vinto campionati cadetti con Palermo e Sampdoria».

D’accordo, ma cosa fa uno così a Monza, in Seconda divisione? La differenza, ecco cosa fa: 23 presenze e 17 gol, sta trascinando i brianzoli ai playoff nonostante il -6 di partenza. «È successo che già l’anno scorso il Torino mi aveva messo ai margini. Così ho deciso di rimettermi in discussione e di ricominciare da capo. Volevo solo divertirmi, senza badare alla categoria. Quando è arrivata la proposta del Monza, buttata lì quasi per scherzo da mister Tonino Asta, non ho avuto dubbi: ho fatto bene, mi sento rigenerato».

Possibile che nessuno, dai piani alti, si sia fatto vivo nel frattempo? «Qualcuno, in realtà, mi ha chiamato: il Brescia. Ma avevo già dato la parola al Monza». Il contrario di quel che si fa di solito, arriva un’altra offerta e si alza la posta: «Sono fatto così, la stretta di mano vale. Sto qui, faccio il mio dovere e poi vediamo: non era scontato che andassi così bene. Magari in Seconda tutto mi riesce con più facilità, però è sempre la testa a fare la differenza. Non è detto che un domani non torni più in alto: per me questa è una tappa, non un capolinea».

Confessa candidamente di non avere una squadra del cuore: «Sono torinese, ma giuro, non tifo per nessuno. Mi è un po’ rimasta nel cuore la Sampdoria, perché lì ho vissuto gli anni migliori, in campo e nelle esperienze forti con la gente. Anche a Parma è stato significativo sotto questo profilo. I gol? Ne ho fatti tanti, anche in partite importanti, ma non distinguo figli e figliastri. Il più bello è sempre l’ultimo, ed è anche quello che si ricorda meglio…».

/>In granata, l’anno scorso, ha conosciuto due dei nostri: Oduamadi ed Ebagua. «Odu è un talento purissimo: con la sua velocità andrà a meraviglia adesso che i campi tornano belli. Giulio fa tanti gol: giusto che sogni la A, però lo avverto, per rimanerci ci vogliono fortuna e costanza».
Sabato c’è Varese-Livorno e il pensiero di Gasbarroni torna al 2001: «Sono grato al Varese, perché lì ho debuttato da professionista con una stagione bellissima: non a caso poi mi volle la Sampdoria. Abitavo vicino al Comune con altri ragazzi: ricordo Benhassen, Panepinto, Gasparetto, Foschini… Un grande gruppo, fatto anche di giocatori forti: non solo io sono arrivato in alto. In porta c’era Castelli, che ho ritrovato qui a Monza. Mancammo i playoff all’ultima giornata, maledetto quel pareggio al 90′ della Triestina a Masnago. Loro arrivarono quinti e poi dominarono gli spareggi: se avessimo vinto quella partita ci saremmo andati noi, e saremmo stati la mina vagante».

E col Livorno? «Fu il mio battesimo in uno stadio pieno, all’Ardenza. Perdemmo 1-0 ma giocammo benissimo». Come finirà sabato? Un’ideuzza Gasba ce l’ha: «Il Varese deve vincere, quindi vince. Per se stesso e per il campionato: prima salva i playoff e poi li gioca da protagonista».
Il finale è per distillare l’emozione più profonda: «L’Olimpiade di Atene. Portammo a casa il bronzo e il presidente della Repubblica ci fece cavalieri. Rimanemmo al villaggio solo una settimana, tra l’altro noi calciatori non eravamo proprio visti benissimo dagli atleti degli altri sport. Ricordo un clima pazzesco, si girava il mondo rimanendo fermi in una piazza. Vidi tanti fenomeni da vicino: mi rimase impresso in particolare il tennista brasiliano Kuerten, che allora andava per la maggiore. Un’esperienza indimenticabile: già viverla è fantastico, figurarsi tornare con la medaglia».
Stefano Affolti

p.rossetti

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