, vicepresidente esecutivo del Fai, sembra avere sensi di colpa nei confronti dei varesini per una sorta di “difficoltà cognitiva” cui li obbligherebbero le mostre proposte a Villa Panza.
Ma è proprio attraverso un cambio di velocità, dal movimento forsennato del nostro tempo alla calma riflessiva richiesta per la visita, che chi osserva può penetrare il significato delle (certo “difficili”) diciannove opere di e esposte per quasi un anno nelle varie sezioni della villa.
«La visita richiede almeno una mezza giornata e occorre compiere un’intensa riflessione in sé stessi per capire a fondo l’insegnamento dei due artisti» ha detto Magnifico, ricordando come “Aisthesis – All’origine delle sensazioni”, sia una mostra unica in Europa e auspicando «che Varese sappia cogliere questa straordinaria occasione».
Tutto lo stato maggiore del Fai con il presidente i – «sono un archeologo, ma qui colgo una nuova natura dell’uomo» – a fare gli onori di casa, ha dato il benvenuto a James Turrell, che arrivò qui giovanissimo nel 1973, invitato da Panza con il collega Irwin a creare alcune opere “site-specific” per la villa, oggi il nucleo fondante della mostra assieme a lavori più recenti.
Come gli straordinari “Villa Panza 2013”, di Irwin, accolto nella Limonaia, e l’incredibile “Ganzfeld” (in italiano “campo totale”) di Turrell, che ha trasformato la Scuderia Grande in uno spazio «apparentemente vuoto in cui sofisticatissime luci impediscono agli occhi del visitatore di attaccarsi a qualsiasi superficie».
In questo modo chi entra non riesce quasi più a percepire quali siano le sensazioni visive generate internamente e quali esternamente.
«Due volte all’anno, Giuseppe e io andavamo negli Stati Uniti a cercare nuova arte. Quando conoscemmo James Turrell fu uno choc: ci fece sedere in una stanza dalle quattro alle nove, obbligandoci a osservare il cielo da una delle sue “finestre” create sul soffitto. Capimmo come la natura sia una straordinaria insegnante», ha commentato .
«Da allora mio marito ogni sera faceva la sua passeggiatina nel parco della villa e si fermava almeno un quarto d’ora a vedere il cielo. Robert Irwin, invece, ci ha spiegato la percezione, con lui si pensa e si penetra l’arte».
La mostra, sostenuta dallo sponsor Jti, e in partnership con il Lacma (Los Angeles Country Museum of Art), il Guggenheim Museum di New York, il Getty Research di Los Angeles e l’Archivio Panza di Mendrisio, è curata da e, direttore del Lacma di Los Angeles.
«Sono stato ”adottato” dai Panza quando ancora ero al college», ha spiegato quest’ultimo, «qui potevo vedere opere che mancavano perfino in America e grazie a ho cambiato la mia visione dell’arte». Anche James Turrell, barba e capelli candidi e voce profonda e pacata, ha ricordato i meriti del conte, «che mi sembrava un monaco, tanto era il suo rigore e la passione per l’arte, e riempiva di quadri ogni stanza della villa tranne la cucina».
«Tornando dopo quarant’anni, il più grande cambiamento che ho notato è quello avvenuto in me stesso. Qui ebbi allora una completa opportunità di lavoro, e la mostra la dedico a Giuseppe, che ci ha sempre spinto a ricercare la più alta qualità».
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