La spazzatura abusiva trovata dalle Gev in settimana c’entra poco: in Galleria Manzoni l’aria è rancida per la rabbia, lo sconforto e il senso di solitudine provati dai commercianti del posto.
Un sentore che aumenta in modo progressivo all’addentrarsi nei meandri della stessa, una volta “gioiellino” dello shopping made in Varese: «Ormai siamo poco più di un pisciatoio pubblico».
Il viaggio tra sorrisi amari, lamentele e negozi che chiudono inizia da Gioria, capi di abbigliamento in bella vista per la mattinata di saldi e un titolare che analizza una situazione ormai sempre più compromessa.
«Io mi salvo perché ho la vetrina anche su via Manzoni – spiega – ma in Galleria non viene davvero più nessuno. E i costi di gestione uniti alla crisi sono letali: qui gli affitti sono ai livelli di Milano centro». L’obiettivo è però un po’ più lontano, nei pressi di quella fontana spenta che è un po’ un simbolo di resa, luogo di perdigiorno senza meta che non invogliano il passaggio dei clienti. Si cammina verso il buio, fiancheggiando il “Ciao” che non esiste più e i tanti cartelli con scritto “affittasi” o addirittura “vendesi”.
Quelli che restano si sentono dei reduci: «Gli affari sono piatti e il flusso di avventori è diminuito sensibilmente – racconta – Un tempo era diverso: ora anche solo tutte queste serrande chiuse non incentivano la gente a venire». Solo negli ultimi mesi hanno detto basta un fotografo e una boutique di vestiti, mentre il “Fantasy store” ha ritrovato la “luce” spostandosi in via Mazzini.
L’apice del malcontento si trova proprio davanti alla fontana, nel bar gelateria “Anny Rose”, dove la sensazione di essere “commercianti di serie b” senza avere colpa è forte: «Sono stufa di combattere – è la spiacevole resa di – Ho dovuto attendere sette anni per avere il permesso di mettere le panchine fuori dal locale. Ci sentiamo soli, bistrattati, stiamo anche cercando di vendere perché non conviene proseguire così».
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