«Vivo un sogno e canto i miei pensieri»

«Che vita di merda». Chi l’avrebbe mai detto che una frase simile avrebbe decretato il successo di Levante, cantautrice catanese trapiantata a Torino? Invece, il suo singolo “Alfonso” è stato in classifica su iTunes per più di 15 settimane, con migliaia di copie vendute in Italia e in 20 Paesi nel mondo, più un milione di visite su Youtube.

C’è tanto di più in Claudia Lagona e viene proprio voglia di andare a vederla domani sera, al GaSh Festival di Gazzada Schianno. Tanto più incuriosisce una che ha iniziato a scrivere ancor prima della pubertà, quando un’amica le ha affibbiato il soprannome, mutuato dal film “Il ciclone”; una che fino a poco tempo fa faceva la barista e, dopo un primo contratto discografico nel 2001, ha dovuto aspettare il 2013 per indovinare involontariamente il tormentone dell’estate. Sul palco di Villa De Strens porterà l’album d’esordio, uscito l’11 marzo scorso.


Benissimo, non avevo aspettative. Avevo, invece, il bisogno di registrare e pubblicare il primo lavoro, dopo tanto tempo e sacrifici. A sorpresa per tutti, la prima settimana ha debuttato all’ottavo posto in classifica Fimi (la hit ufficiale degli album più venduti in Italia). Ai concerti vendo tanti dischi e ho riscontri positivi dai fans.


È stranissimo, perchè mai me lo sarei aspettata. Ho iniziato a lavorare per pagarmi le multe salatissime che prendevo per non aver pagato il parcheggio. Mi sono resa conto che mettevo da parte un gruzzoletto e mi sono detta che l’avrei investito in questo. Più cresci, meno i sogni si fanno forti e vividi: quando è arrivato è stato come una felice doccia fredda.


Credo per tre motivi. Il primo è il ritornello: quando si sente la parolaccia, l’orecchio diventa attento. Inserirla in realtà non voleva essere un modo per attirare attenzione: anzi, ho pensato che non sarebbe mai passato in radio, anche se passa tanta musica americana piena di parolacce. Il secondo è l’ukulele: complici l’estate e il pezzo orecchiabile, ha fatto sì che s’imparasse in fretta. Il terzo è la semplicità del testo e della situazione raccontata: l’imbarazzo di una festa dove tutti hanno un ruolo tranne me, il sentirsi fuori. Qualcuno ha capito appieno e qualcuno non ha afferrato il concetto.


Di solito da una frase che mi piace, ma ho sempre bisogno di avere la musica già pronta. Poi vado a riprendere la frase scritta, i pensieri sorti, e sviluppo il brano. Per esempio, per “Memo” un giorno mi sono chiesta dove andasse a finire tutto l’amore di una storia alla fine di un rapporto.


Per luglio e agosto mi trasporto da una parta all’altra dell’Italia con la mia tournée e con “Un amore così grande tour” dei Negramaro. Mai avrei pensato di aprire i loro concerti, quando avevo 17 anni ero sotto il loro palco a cantare. Nel frattempo sto finendo di scrivere il secondo disco, di cui vado fiera e che dovrebbe uscire a marzo 2015. Cerco anche di tenere i contatti con le persone che amo.

Dipende da quando lo scrivi. Se hai preso una buona onda dopo il primo, non ti fermi e continui a suonare e scrivere, allora puoi fare cose belle. Chi arriva al primo album con una lunga gavetta solitamente sceglie, tra le tante, canzoni bellissime: nel secondo disco perciò è difficile replicare. Io in questo momento dico che non è difficile, forse il terzo lo sarà. Sto scrivendo da gennaio e sono a buon punto, considerando la bellezza a mio parere. A volte mi commuovo da sola ascoltando i brani con solo voce e chitarra.

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