– Sono circa 160, di cui una ventina donne, i soci di Amici di Volandia, associazione nata a settembre del 2008 che riunisce il folto gruppo di volontari sempre pronti a farsi in quattro. Sono loro a tenere aperto il museo, a fare da guida a scolaresche e singoli visitatori e a fare da restauratori ad alcuni velivoli donati al museo. Per il Fiat G46, noto come addestratore militare, sono occorsi 1.098 giorni con 6 ore di lavoro al giorno ma, alla fine, è stata una soddisfazione avergli reso il suo splendore.
Ormai gli Amici di Volandia sono come una famiglia, tre o quattro sempre presenti durante la settimana, almeno venti il sabato e la domenica. «E’ più difficile gestire i volontari che andare a lavorare», dice con ironia, presidente dell’associazione, 47 anni nell’industria elettrica, di cui 37 soltanto all’Enel, caposezione delle manutenzioni. Per lui, come per tutti gli altri volontari che mettono a disposizione del museo del volo almeno 20 ore di presenza alla settimana, essere “sul
pezzo” è sinomino di utilità e servizio. «Dobbiamo tenere conto delle necessità e del carattere di ogni volontario così da farli andare tutti d’accordo. Si sa, in aeronautica sono tutti comandanti», scherza il presidente. Poi c’è da incastrare i turni. Per quello c’è Mario. , uno dei soci fondatori del gruppo di volontari con un passato in Ignis e Whirlpool, eppure qui «per passione della storia aeronautica». E’ suo il compito di preparare i turni, il venerdì è dedicato a quello, in modo da avere sempre chi tiene aperta Volandia ma anche e soprattutto chi consente al pubblico, bambini e adulti, visite guidate degne di questo nome. Da qui sono passati anche 300 ragazzi al giorno: in base alla loro età e ai loro interessi, i volontari li incuriosiscono con storie avventurose oppure entrano nei minini dettagli del funzionamento dei velivoli esposti. In un anno, Volandia, ha contato la bellezza di 100mila ingressi. Il fine settimana si può arrivare a 800 persone e oltre alla visite guidate, c’è da garantire il presidio alle varie postazioni del museo, nelle ex Officine Caproni. Ma i volontari sono anche ai simulatori, ne è il coordinatore.
è stato in Caproni per tutta la sua vita lavorativa, iniziando a 14 anni. «E’ la mia seconda famiglia, ho conosciuto tutta la dinastia. Quando ho iniziato come volontario qui (la sua tessera è la numero 4) mi è sembrato di essere tornato a quando avevo 16 anni». E poi c’è , 9 anni in torre di controllo al T2 di Malpensa, quindi in Sea: lui è il fotografo ufficiale, addetto a documentare ogni evento. Tra le reclute più recenti, , tecnico manutentore di aerei, in cassa integrazione dopo il fallimento della vecchia Livingston: «Sono qui per impegnare il tempo, mi mantengo attivo, con il cervello in funzione», sostiene. La verità è che i volontari «sono spremuti come limoni», dice sicura di sé , segretaria e tesoriera degli Amici di Volandia, ex dipendenti Siai e poi Agusta. «Arrivata alla pensione ho scoperto di questa realtà ed eccomi qui». Il presidente Azzimonti è fiero dei suoi, alcuni persino di Milano, Como, Bergamo, addirittura Genova: «Vedere andare avanti le cose in questo modo è una soddisfazione».