Alunni “difficili”, prof preparati «Noi in prima fila. Con dolcezza»

Scuola, sanità e università di Varese si sono interrogate ieri mattina in un convegno sulle cause che stanno a monte dell’abbandono scolastico

– L’incontro si è svolto nell’aula magna di via Ravasi, organizzato insieme all’Unità di neuropsichiatria infantile dell’ospedale di Circolo e con la collaborazione dell’Ufficio scolastico territoriale di Varese e del Centro territoriale di supporto Galileo Galilei di Tradate.

“Bisogni educativi speciali tra sanità e scuola: sguardo e responsabilità educativa”: questo il titolo del seminario, che ha richiamato una numerosa platea di docenti.
Parlare di Bes (acronimo di bisogni educativi speciali) non significa “selezionare” alunni “diversi”, per poi emarginarli o discriminarli in qualche modo, ma rendersi conto delle difficoltà grandi o piccole e saper rispondere ad esse in maniera adeguata.
Un compito sicuramente non facile quello del docente, che si trova a dover “classificare”

l’alunno che presenta disagi, difficoltà o disturbi, in un modo distante dalla logica della certificazione sanitaria, ma con un’enorme responsabilità. Infatti deve essere in grado fornire una risposta adeguata in tempi rapidi, senza cadere nell’errore di stigmatizzare l’alunno che presenti delle problematiche, visto che una diagnosi clinica completa e approfondita può richiedere anche un arco di tempo più lungo della durata dell’anno scolastico.
«Nel nostro istituto – spiega una professoressa di scuola media – c’è una grande attenzione, come del resto in tutte le scuole della provincia, a mio avviso, a questa tematica così importante e delicata. Prendersi cura di un soggetto con difficoltà anche lievi, educativamente parlando, non è semplice, perché bisogna affrontare un percorso condiviso tra l’insegnante, i genitori e lo stesso alunno, senza andare a “pesare” sul resto della classe e sulla mancata inclusione del soggetto».

Una risposta, quella emersa dagli interventi degli autorevoli relatori, che viene in maniera diretta e senza quell’irrigidimento normativo che in questi casi prende il sopravvento.
Vengono riconosciuti gli importanti sforzi dei docenti come educatori in senso stretto, e tutto quello che possono fare per intervenire tempestivamente nel riconoscere soggetti ad esempio dislessici o discalculici.
Ma questi successi, secondo quanto emerso, funzioneranno meglio solo se la scuola sarà in grado di stare al passo coi tempi, superando paradigmi ormai obsoleti.