«Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo, destinati a qualcosa in più che a una donna e un impiego in banca». Questa volta è d’obbligo incominciare con una citazione e quella di una celebre canzone di Gino Paoli casca a pennello. Gli amici al bar erano tre, in una calda serata di fine luglio sotto il piantone di via Veratti: il sindaco e il consigliere comunale stavano pensando a un azionariato popolare per rifondare il Varese e sono riusciti nel loro intento grazie all’incontro fortuito con , entrato per caso nel locale in cui si trovavano e pronto a sposare immediatamente il progetto.
Insieme a e ai tanti altri amici che ieri mattina si sono ritrovati non in un bar qualsiasi, ma al Relais del Lago per presentare non un sogno ma «visioni reali», come s’intitola il progetto mastodontico di un’associazione di tifosi, di un consorzio e di una cooperativa. Il vero pensiero sembra però un’utopia ed è racchiuso in questa frase: «Insieme per cambiare il mondo dello sport». Ma come è possibile farlo? Non si tratta solo di un efficace slogan pubblicitario? Incalzando con queste domande i dirigenti del Varese, si ha una risposta più che convincente perché legata a un fatto realmente accaduto.
A volerlo condividere con tutti è Galparoli, che non ha nessuna reticenza: «Ancora quest’estate è capitato di trovarci in riunione con il nostro staff e con un procuratore che ci aveva chiesto soldi per dei ragazzi cresciuti nella vecchia società. Voleva una cifra per farli restare in biancorosso. Sapete che cosa è successo? Il nostro presidente Ciavarrella si è alzato esclamando “io non ci sto”, e se n’è andato. Siamo usciti tutti dalla sala: uno dei ragazzini era dispiaciuto,
quasi piangeva e non sapeva che cosa fare. Gli abbiamo detto: “Se fai una scelta ancorata al denaro non puoi rientrare nel nostro progetto”. Adesso è una delle nostre rivelazioni ed è diventato titolare». Il racconto emoziona, ma Galparoli è ancora loquace: «La V sul simbolo del Varese rappresenta il nome della città e della squadra, ma anche la vita, la vittoria e una “visione reale”, come abbiamo scritto. Alla base del nostro programma ci sono l’etica, la pulizia e la trasparenza».Qualità che emergono guardando dritto negli occhi dei collaboratori biancorossi. E non è un caso che il primo a cui è stata data la parola ieri sia , insegnante di educazione fisica e di sostegno, da dieci anni splendido istruttore della scuola calcio: lui arriva dal sud, ma qui, a un passo dalla Svizzera, ha trovato tanto calore.
E Ciavarrella non si stufa di dire: «Anch’io vengo da fuori, ma smettiamola di dire che Varese è fredda. Qui c’è un grande cuore che batte nel petto della gente. Sì: insieme ce la possiamo fare a cambiare il mondo dello sport». Il sindaco Attilio Fontana plaude il presidente ed è orgoglioso di essere stato uno degli amici al bar: «La città si è riappropriata della sua squadra e la tantissima gente che segue il Varese testimonia quanta passione ci sia intorno ai colori biancorossi». Questa passione è anche quella dei fornitori, delusi e non pagati dalla vecchia società, e ora più che mai vicini al Varese: «L’impresa di giardinaggio – dice Galparoli – ha 250mila euro di crediti dalla passata gestione. Ma non è sparita, anzi: ci sta dando una grossa mano e crede in noi».
I progetti sono tanti, ma non si è parlato della ristrutturazione dello stadio che, almeno per il momento, non sembra interessare all’attuale dirigenza. Eppure darebbe una marcia in più come aveva scritto cinque anni fa sulla Gazzetta dello Sport: «Diciamo la verità: oggi entrare al Franco Ossola ha sempre il suo fascino, ma ritrovare quei gradoni di decine d’anni fa stona con il contesto cittadino. Cambia tutto, i giardini sono sempre ben curati e le ville nei parchi regalano lusso ed eleganza, ma quell’impianto non è proprio all’altezza della città e dei tempi».