Il basket è uno sport di numeri, anche quando esce dal campo e si siede sui seggiolini. E i numeri, si sa, sono crudi. Li puoi valutare, puoi cercare di capire da cosa derivino, puoi perderti in arzigogolati ragionamenti per inquinarne l’oggettività: inutile, sono tutte operazioni capaci di aggiungere poco alla sostanza.
Il PalaWhirlpool si sta svuotando: lo dicono i protagonisti cifrati di cui sopra. E lo rilevano nel giorno dell’esordio in Europa dopo due anni di assenza, quando ci saranno altri numeri ad evidenziare la tendenza di un popolo che si sta intiepidendo nei confronti del suo storico amore.
Stasera, per la prima giornata di Fiba Europe Cup contro Ostenda, sono attesi più o meno 800 abbonati. E non è difficile prevedere che saranno pochi anche coloro che acquisteranno il biglietto.
/>Insomma: il rischio deserto del Gobi sui gradoni di Masnago è molto alto. E se il poco entusiasmo dei supporter nei confronti dell’esperienza infrasettimanale era stato in qualche modo messo in preventivo, almeno all’inizio, i vuoti nelle domeniche di serie A erano molto meno prevedibili.
Numeri siano: in tre partite di campionato la Openjobmetis ha totalizzato una media di 3.586 spettatori. Quest’ultima è il risultato dei 3.520 paganti dell’esordio contro Caserta, dei 3.412 della prima vittoria contro Pesaro alla terza giornata e delle 3.826 persone giunte ad ammirare il big match di lunedì al cospetto di Sassari.
Contro i campioni d’Italia, nel giorno del ritorno dell’idolo Sacchetti, ci si aspettava molto di più, nonostante l’orario infausto (20.45) e la diretta televisiva (peraltro su Sky, che non tutti hanno). La delusione, invece, è stata prima visiva e solo poi corroborata dal tabellino: tanti i seggiolini rossi intonsi, che l’occhio poteva percepire alla palla a due.
Il dato di questo 2015 sfigura letteralmente con quello dello scorso anno: dopo tre giornate la Openjobmetis di Gianmarco Pozzecco veleggiava a quota 4.469 testimoni di media.
Si sfiorò l’apoteosi all’esordio, prima del Poz e derby con Cantù in una volta sola: totale 4.838 spettatori. Parte di questi si presentarono anche nella maratona contro Reggio Emilia dell’ex Polonara, conclusasi dopo tre supplementari e davanti a 4.202 paganti. Furono 4.367 quelli che presenziarono a Varese-Trento, altra sconfitta come contro Reggio, ma altro spettacolo coreografico al PalaWhirlpool.
E l’anno di Frates? Si partì a Casale Monferrato, a causa delle arcinote intemperanze che avevano funestato la gara7 di semifinale dell’anno prima.
Nel piccolo palazzetto piemontese (circa 3.000 posti) fu tutto esaurito sia contro Reggio Emilia che contro Venezia, poi finalmente si tornò a Masnago: in 4.207 “accolsero” Vitucci e la sua Avellino, poi ne vennero 4.202 per la débacle contro Brindisi e 3.928 per la vittoria contro Pesaro.
Quell’anno gli abbonati furono tantissimi (3.167), molti meno quelli che diedero fiducia alla banda di Banks, Dunston e Green 365 giorni prima. Eppure: si iniziò con i 3.562 di Avellino, per crescere con i 3.874 di Siena e trionfare con i 4.754 di Cantù.
Torniamo indietro fino al 2011, l’unica comparazione che dà soddisfazione: il trittico Montegranaro, Casale e Caserta fruttò all’allora squadra di Carlo Recalcati 3.447 tifosi seduti sugli spalti di media, meno (ma non tanto) dei reduci del 2015.
Basi di partenza diverse (leggi numero di abbonati), avversari non comparabili (Cantù porta più tifosi, anche da casa propria, rispetto a Caserta) ed effetto Poz unico e irripetibile vanno inclusi nell’analisi.
Poi c’è la grande verità dei risultati: possono spiegare da soli la disaffezione temporanea?