Ciao Palta, solo ora capiamo cos’è la vita

Un amico di Andrea, assieme ad altri amici del ragazzo, racconta i suoi pensieri a poche ore dalla morte del giovane varesino

Meno di dodici ore fa un’insufficienza in un’interrogazione non prevista mi ha portato a riflettere sulla mia vita. Ho trovato la pace solo dopo aver ritrovato le confortanti parole di un grande pensatore. Meno di sei ore fa un mio amico muore, la morte umana non mi era mai stata così vicina. Un’altra volta nella stessa giornata sprofondo nel nulla.
Meno di dodici ore fa la vita quotidiana perdeva il suo senso e citavo la saggezza dionisiaca: “Desidera

di non nascere e se non puoi farci nulla desidera almeno di morire quanto prima”. Questo è il nonsenso della vita umana costretta a cercare la consolazione nella morte, nel nulla. Meno di sei ore fa la morte si impone con evidenza, compare davanti a me, immobile. Io la guardo ma lei non mi nota, fissa lo sguardo nel vuoto, in lei vedo la vita, la morte non muore mai, lei sa quanto sia bella la vita e le ha dato un senso.
Io non voglio dare alla vita un senso che non ha, vorrei il suo vero senso. Senza un senso pensiamo alla bellezza della fine delle sofferenze, ma davanti alla fine istintivamente siamo pronti ad accettare la vita per quello che è.
Nella tristezza di un momento simile osservo come reagiscono i social network. Quante inutili parole, quanti rimpianti, quante accuse, eppure quello che certo non manca in questo momento sono proprio queste reazioni. Al contrario quello che manca ora a lui è la vita, la bellezza, la felicità, condividiamo questo e teniamo la tristezza in noi, non perché essa sia brutta ma perché ci spinge alla riflessione, ci permette di coltivare in noi domande profonde.
Le mattine sono tutte uguali, svegliandomi non c’è tristezza e nemmeno felicità, quando prendo coscienza sono stanco come spesso accade, nessuna pesantezza nessun dolore. Dopodiché è un salendo di consapevolezza che porta sempre più alla nausea. Un viaggio vano sotto la pioggia verso scuola. Al bar tristi sorrisi mi aspettano e abbracci in cui mi perdo, siamo tutti uno ma quell’uno non è con noi. È tutto su di noi, quelli rimasti, nel nulla non si soffre, è la carne che soffre, noi stupidi rimasti qui che corrotti nel tempo da pensieri malati ora non siamo più nemmeno capaci di stare di fronte alla morte e inneggiare alla vita.
Non si ha bisogno di consolazione in un momento del genere, ci si può consolare da soli. Non è importante sapere cosa ci sia dopo la morte ma cosa spetta a noi in vita. Spaventa sapere che non aveva niente di diverso da noialtri suoi amici e che a chiunque sarebbe potuto accadere. Ma se la morte compare da dietro l’angolo cosa è peggio di abbandonare una vita con il timore di non averla vissuta?
Impadroniamoci di questo momento, viviamolo appieno come solo noi ragazzi immaturi, passionali e incoscienti sappiamo vivere. Nel momento in cui la morte si afferma la vita si rende più evidente a tutti noi. Io esorto tutti a prendere in mano una penna e un foglio di carta e scrivere. Scrivete la vita che è in voi! Scrivete male, sgrammaticato, anche cazzate! Ma scrivete la vita che è in tutti noi, preserviamo tutti quello che solo in questo momento è una certezza e si impone sopra ogni relativismo e sopra ogni sofismo. Io scrivo perché la vita che è in me si diffonda in tutti, perché mi consola sentire la vita di fronte a un vortice sul nulla che mi si è aperto davanti.