Venti gol in campionato e quattro infilati nel doppio playout con il Novara che aveva salvato il Varese dalla retrocessione in Lega Pro nel giugno del 2014. Il livorneseè ancora un eroe per la città e per i tifosi biancorossi, che gli sono rimasti molto legati. Due di loro sono andati martedì sera al Luigi Ferraris per tifare Pavoletti, impegnato con il suo Genoa nel derby della Lanterna contro la Sampdoria. L’hanno spuntata i blucerchiati, che si sono portati sul 3-0, ma l’ex attaccante del Varese ha messo i brividi alla Samp con una doppietta e, per poco, il giocatore non riusciva a fissare il 3-3.
è un giovane barman di Varese che, fino agli ultimi giorni dell’anno scorso, ha lavorato nel locale in cui, ora direttore sportivo del Genoa, è solito prendere il caffè appena torna a Varese: «È stato proprio lui – confida Brusa – a invitarmi al derby di martedì, che è stato uno spettacolo. Sedersi in tribuna a Marassi, in terza fila, in uno stadio tutto esaurito, è stata una grande emozione. Sugli spalti coreografie da favola e in campo non è
mancato il pepe. Se la Samp si è portata sul 3-0 e tutto sembrava già finito molto prima del novantesimo, è stato proprio Pavoletti a riaprire i conti con i due gol che hanno ridato fuoco alla partita e nell’ultimo quarto d’ora il Luigi Ferraris è tornato a essere una bolgia». “Nico” applaude Pavoletti: «È fortissimo, sembrava un toro scatenato e in attacco faceva tutto lui, mentre i compagni parevano soltanto degli spettatori».Anche è stato a Genova. L’attuale segretario generale della Varesina conosce molto bene Pavoletti: «È una persona splendida, un ragazzo semplice, che è rimasto così e non si è mai montato la testa. Ha una umiltà incredibile e sono contento che sia arrivato in A. Se la merita perché è unico. L’avevo sentito prima della partita e l’ho chiamato anche ieri. Peccato che non sia riuscito a completare la rimonta perché il 3-3 sarebbe stata la classica ciliegina sulla torta». Il ricordo più bello di Bof con Pavoletti è preservato in una immagine: «Nella finale di andata del playout con il Novara, Pavoletti aveva segnato una doppietta ed era corso sotto il settore ospiti del Silvio Piola a festeggiare. E in una foto mi si vede che gioisco insieme agli altri tifosi, tutti pronti, come me, ad abbracciare Leo con lo sguardo».
è il direttore sportivo del Varese e, anche se non era a Genova, il suo pensiero è tutto per Pavoletti: «L’ho sentito prima di Natale perché due miei amici disabili, che sono suoi grandissimi tifosi, volevano fargli gli auguri. Lui ha risposto con entusiasmo e gentilezza, soffermandosi a parlare a lungo con loro. È un ragazzo straordinario e non c’è bisogno che lo dica io perché è sotto gli occhi di tutti». Vuole molto bene a Pavoletti anche : era stato lui a battezzarlo “Pepita” nel campionato 2013-2014. L’ex collaboratore dell’ufficio marketing del Varese è stato colpito da un grave lutto perché proprio a Capodanno ha perso la madre: «Sto vivendo – dice Enzo – un periodo difficile ma martedì sera mi sono messo davanti alla televisione e i due gol di Pavoletti mi hanno strappato il primo sorriso dell’anno. Peccato che non abbia completato la rimonta. Se lo meritava perché è un ragazzo di cuore e un attaccante di razza. Mi ha mandato la sua maglietta del Genoa autografata. E ce l’ho sempre nel cuore». Abbiamo sentito solo quattro tifosi nostrani di Pavoletti ma a Varese ce ne sono migliaia. Del resto Pavoletti resterà sempre nel cuore di questa città e non solo per i gol che ha segnato in biancorosso. Appena arrivato a Varese, Leo aveva infatti dato una lezione di umiltà e non si era sentito frustrato per la scelta del Sassuolo di cederlo in B, dopo la promozione di cui era stato protagonista: «Undici gol in 33 partite non sono bastati per convincere i dirigenti che sono pronto per la A? Vorrà dire che ne farò di più in biancorosso». Promessa mantenuta: ne ha realizzati 24 in 38 gare (playout compresi), dimostrando di meritare la categoria superiore. E adesso sta facendo vedere che merita ampiamente la Nazionale. Crediamo che anche il commissario tecnico azzurro se ne debba rendere conto al più presto. Ma intanto Pavoletti non se ne fa di certo un cruccio e continua a citare il suo libro preferito.
Qual è? Facciamo rispondere direttamente all’attaccante: «Ho letto e riletto “Il vecchio e il mare” perché adoro la metafora del pescatore: non dobbiamo pensare a quello che ci manca e a quello che potremmo avere ma dobbiamo concentrarci su quello che abbiamo per puntare al massimo». Questo è già un insegnamento inestimabile di vita da parte di un giocatore che, come osservava prima Marco Bof, è unico nel mondo del calcio. Ha sempre amato il profilo basso e a Varese, prima di prendersi un bilocale, dormiva in albergo, tenendosi i bagagli (erano sacchi) nella sua essenziale utilitaria. In un mondo di calciatori viziati (un altro attaccante, arrivato nel 2012, pretendeva che il magazziniere biancorosso gli pulisse le scarpe, lucidandole a fino), Pavoletti è una mosca bianca. Lui si è fatto il mazzo e tutte le categorie che ha ottenuto se le è sudate davvero, a partire dalla Serie D. Nessuno gli ha regalato nulla e lui non ha mai preteso nulla. Anzi, è sempre stato disposto a mettersi in discussione. Ai tempi del Viareggio, quando debuttava tra i professionisti e aveva solo vent’anni (ne ha compiuti 27 lo scorso 26 novembre), era riuscito a segnare sei gol in 26 gare. Ma con il tecnico Aglietti non erano state tutte rose e fiori. In occasione dell’incontro vinto 2-1 in casa della Colligiana il 29 marzo del 2009, Aglietti aveva mandato in campo Pavoletti al 3’ del secondo tempo, sostituendolo neppure una mezz’ora dopo perché non ascoltava le sue indicazioni. La lezione era servita per crescere all’attaccante che, alcuni anni dopo, nel 2014, avrebbe fatto esonerare Aglietti, passato nel frattempo al Novara. Certo, la partita che costò la panchina al tecnico era proprio dopo l’andata del playout vinta 2-0 al Silvio Piola dal Varese e da Pavoletti.