– «La mobilitazione alla ricerca di Lidia, la notizia sconvolgente e poi quella cappa cupa stesa sulla città». Così, oggi presidente del Consiglio regionale, nell’87 universitario e amico di , riavvolge il “nastro” dei ricordi, dopo aver appreso la notizia dell’arresto di , identificato dalla Procura di Milano come colui che assassinò la giovane militante di Comunione e Liberazione. «Lidia era una mia amica: ho vissuto, come tutti i suoi amici e insieme alla famiglia, il dramma dei giorni successivi a questo omicidio efferato che ha sconvolto la nostra comunità. Quella di oggi è una notizia a attesa da 29 anni e finalmente arrivata» queste le prime parole che il Presidente del Consiglio regionale della Lombardia ha rilasciato ieri alle agenzie di stampa con un «doveroso ringraziamento» alla pm Manfredda.
«La notizia mi ha molto colpito – ammette Raffaele Cattaneo – tanto più dopo che le ultime notizie che circolavano, sembravano portassero verso l’archiviazione, visto che la “pista” Piccolomo sembrava essersi rivelata un buco nell’acqua. Ora, senza voler sbattere il mostro in prima pagina, visto che la colpevolezza è ancora tutta da dimostrare ed è giusto mantenere un atteggiamento equilibrato e garantista, restiamo in attesa di riscontri consistenti». Ma un sospiro di sollievo per chi conosceva Lidia Macchi,
è il minimo: «Non ero tra gli amici più stretti, per una differenza di qualche anno di età e perché allora abitavo a Saronno, ma la incontravo la mattina sul treno per Milano e la conoscevo come ragazza della comunità di Comunione e Liberazione» racconta Cattaneo. Quei giorni di inizio gennaio di 29 anni fa se li ricorda ancora molto bene: «Dopo la scomparsa di Lidia, la sera successiva mi telefonarono gli amici di Varese per organizzare la mobilitazione per la ricerca, poi però già il mattino dopo arrivò la notizia sconvolgente del ritrovamento del corpo, così dilaniato». Erano i 6 e il 7 gennaio del 1987. Fu uno choc per Varese. «Anche perché una certa piega nella fase iniziale delle indagini sembrava animata da qualche pregiudizio, quel cercare a tutti i costi in un certo ambiente, con indagini molto attente e pesanti nei confronti di alcune persone, a partire dal sacerdote don». Cattaneo parla di «indagini condotte in modo improprio, pregiudizievole e talvolta fantasioso, turbando l’esistenza di molte persone perbene» e oggi non può non notare come «una perizia calligrafica si potesse fare anche trent’anni fa». Ecco che torna alla mente il clima di quei giorni, dopo l’omicidio: «Da osservatore esterno, visto che seguivo la vicenda ma non ero ancora a Varese – racconta Cattaneo – ricordo come si percepisse una cappa cupa stesa sulla città, e in particolare su certi ambienti cattolici che sembravano voler essere additati come responsabili, anche per il far emergere certi intrecci con la vita personale di Lidia. Quel clima cupo e di sospetto lo ricordo come la parte più faticosa di quei giorni».
Uno choc rimasto vivo da allora: «È una vicenda che ha attraversato la storia varesina per tre decenni – sottolinea Cattaneo – domani ci sarà come ogni anno la messa per Lidia. E la domanda di giustizia terrena è rimasta per trent’anni nel cuore e senza risposta».Tanto che, prosegue il presidente del Consiglio regionale, «dalla tristissima vicenda di Lidia sono nate in questi anni tante opere di bene: non ci si è rassegnati di fronte alla morte, né si è rimasti legati soltanto alla pur legittima richiesta di una “giustizia terrena”. Questo è stato possibile grazie all’atteggiamento della famiglia di Lidia che è stata in questi anni esemplare per coraggio e per umanità, sempre alla ricerca della verità e mai fermi alla logica di trovare un colpevole. La famiglia Macchi non è mai stata disperata».