Le statistiche ci dicono che il commercio al dettaglio è ancora fermo e che il settore abbigliamento non gode “di buona salute”. Le cause, i motivi che gli economisti continuano da anni a spiegare e a divulgare non tengono in considerazione un aspetto meno scientifico e più “prosaico”: la cortesia degli addetti dei negozi. Fortunatamente non tutta la categoria difetta in empatia nei confronti della clientela, ma ora è difficile ritrovare il garbo con cui i vecchi “bottegai”
si relazionavano con i clienti. In un pomeriggio freddo seppur illuminato da una luce solare che prelude l’ormai prossimo equinozio primaverile, decido di fare una capatina presso il centro di una città della zona per osservare le vetrine e cercare qualche buon affare. Mi soffermo davanti un noto negozio di abbigliamento. Una boutique. Entro, saluto, ricevendo un abbozzo di risposta più simile ad un suono onomatopeico. Chiedo informazioni inerente il prezzo, la taglia, il materiale di un paio di capi. La risposta che ottengo è laconica, scorbutica, evasiva, quasi fossero disturbati dalla mia legittima domanda.
Ho l’ardire di chiedere di poter visionare una camicia esposta in vetrina per poter esaminare la fattura la responsabile, con un comportamento che dimostra evidente seccatura, apre le ante della vetrina e depone l’oggetto sul bancone (meglio sarebbe definire “getta”) continuando nella lettura di un rotocalco. Saluto ed esco. E rifletto su quanto sia cambiata la società in questi ultimi decenni, di quanto la cortesia, la cordialità, il garbo, siano una rarità e di quanto l’arroganza sia imperante in ogni settore.