– Cappellino rosso in testa, barba lunga, Giuseppe Piccolomo ieri è tornato a Varese per l’udienza davanti al gup Stefano Sala che ha visto il sostituto procuratore generale Carmen Manfredda chiedere una proroga di sei mesi per l’indagini che lo vede accusato dell’omicidio volontario della sua prima moglie.
All’uscita dal tribunale Piccolomo, condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di avvenuto a Cocquio Trevisago nel 2009, ha alzato le mani facendo il segno della vittoria.
«In aula ha continuato a pregare – dice , che con la sorella Tina da anni lo accusa di aver ucciso la madre – Ha fatto strani gesti con le mani per tutto il tempo. Si è convertito all’Islam, adesso è musulmano – aggiunge Cinzia – sembrava pregasse, non ho capito. Faccio fatica a guardarlo, quel mostro». Cinzia è uscita dall’aula con le guance rigate di lacrime. «L’ha uccisa lui – dice – lo sappiamo che è stato lui. è stata eccezionale, il giudice si è riservato ma incrociamo le dita. Non può finire così, deve pagare per quello che ha fatto a nostra madre».
Fuori dall’aula all’improvviso si sono udite della grida; era Piccolomo in gabbia, che urlava parole incomprensibili. «Si è infuriato perché la sua seconda moglie è stata definita marocchina. E di fatto è originaria del Marocco – dice Cinzia – Si è infuriato e per quello ha detto qualcosa come “quella è mia moglie e voi non potete parlarne così”. Invece mia madre, che era la sua prima moglie, doveva bruciare viva in una macchina. Che schifo». Tina, che ieri non era in aula, al telefono spiega: «Ha ucciso nostra madre perché aveva una relazione con quella. Era la lavapiatti nel nostro ristorante. L’ha uccisa per poter stare con lei e per i soldi». Per questo è il movente: «Quando la notte in cui nostra madre morì fu interrogato, disse che mia madre non aveva un’assicurazione sulla vita. Mentì. Mia sorella Cinzia lo scoprì in un secondo momento – spiega Tina – A dicembre aveva fatto stipulare a nostra madre un’assicurazione sulla vita; a febbraio nostra madre è morta. E poco dopo si è risposato con quella ragazza, più giovane, con la quale ne siamo convinte aveva una relazione da prima che nostra madre morisse. Penso possa costituire un movente: soldi e nuova fiamma, all’epoca non emerse, adesso lo sappiamo. E poi ci sono quelle tracce di farmaci. Nostra madre non ha mai preso medicinali». Sia Cinzia che Tina, in passato, avevano riferito al Manfredda di essere state molestate da bambine dal padre. Il reato, oggi, è prescritto.
Ma Cinzia chiama il padre «mostro e pedofilo», subito fuori dal tribunale. Le due sorelle Piccolomo non hanno mai smesso di combattere: «Vogliamo giustizia per nostra madre. Lei è qui con noi a combattere questa battaglia. Speriamo che la proroga venga concessa. Che si possa finalmente arrivare alla verità. L’ha uccisa lui, siamo certe». Le due ragazze asseriscono di non aver mai dimenticato quando «dopo l’incidente, con noi che avevamo il cuore spezzato, ci raccontava dell’incidente. Ci raccontava di aver visto nostra madre morire, della pelle che si scioglieva dal suo viso mentre bruciava. Può un padre parlare così alle sue figlie? Può un marito che ha appena perso la propria moglie parlare così? Noi ci auguriamo che chi sa qualcosa, chi ricorda di aver visto qualcosa quella notte, si faccia avanti. Vogliamo soltanto giustizia per nostra madre».