Lidia non è nostra né vostra è del cielo

L’editoriale del direttore Andrea Confalonieri

Lidia Macchi per noi chi è? Innanzitutto Lidia non è nostra, né di nessun altro giornale-giornalista-spettatore, e l’unica esclusiva su di lei è quella in possesso del cielo. Lidia non è uno scoop, non è uno show, non è una passeggiata davanti alle telecamere, non è “noi l’avevamo detto”, non è una lettera, una foto o un titolo sul giornale, non è un invito da Vespa o Quarto Grado, non è un articolo (sempre che l’articolo

non venga scritto dalla sua mamma, dal suo papà, dai suoi fratelli o dal Signore), non è un recinto dove deve emergere qualcuno o sprofondare qualcun altro. Lidia non è nostra né vostra né di nessuno, e purtroppo non lo è neppure la verità su di lei. E se qualcuno pensa di possederla attaccando questa o quella procura, questo o quel magistrato, questa o quella cerchia di amici, dovrebbero chiedersi perché non l’ha fatto trenta o vent’anni fa, nel momento in cui la procura/i magistrati/gli amici in questione erano al potere, invece di farlo ora che quel potere è scomparso o decaduto. Nessuno può dare lezioni a nessuno su Lidia, meglio una preghiera di un dito puntato, anche perché siamo un po’ tutti colpevoli (perfino noi che non c’eravamo, figurarsi chi era presente in forze) per quel “silenzio” trentennale che, evidentemente, ha trovato terreno fertile in una paura della verità e rassegnazione collettive. Lidia è una pagina bianca, non un libro già scritto. Lidia è un filo spezzato che nessuno può ricucire. Lidia è l’amore silenzioso della famiglia che ha fatto tantissime cose in suo nome (dalla fondazione alla beneficenza), cose che nessuno scrive perché non fanno vendere. Lidia è un impegno per chi ha riaperto le indagini e le guida (o le guidò) non sulla carta ma sul campo, coraggiosamente e silenziosamente. Lidia non è una promessa, non è una vendetta, non è una vittoria né una sconfitta, non è innocenza o colpevolezza. È la madre, la sorella, la figlia, la ragazza di Varese che è uscita dalla sua famiglia, dalla sua casa, dalla sua vita solo per entrare nelle nostre famiglie, case, vite. E, orgogliosamente, la teniamo stretta a noi, solo un po’ meno stretta di quanto abbiano fatto papà Giorgio, mamma Paola, i fratelli Stefania e Alberto.