C’è il codice penale. Poi c’è il Paese reale. Il secondo cambia. Il primo no. E questo è il punto. Del resto abbiamo riconosciuto il fenomeno mafioso, a norma, dopo un secolo. C’è l’impressione sempre più presente che le problematiche sociali evolvano in fretta. In frettissima. E che il legislatore, questa figura indefinita e quasi mitologica, fatichi a stare al passo con i tempi. L’italiano non è cittadino violento. In genere tollera. Tollera moltissimo.
Ma l’evolversi
dei tempi l’hanno messo di fronte a nuove paure. I furti, le rapine. Negli anni sono aumentati ovunque. E si dirà: reati meno gravi rispetto, ad esempio, allo spaccio di droga che alimenta la criminalità organizzata con affari da milioni avvelenando i nostri ragazzi. Vero. Verissimo. Ma al cittadino medio, a meno che non abbia un caso di tossicodipendenza in casa, lo spaccio pare meno violento del ritrovarsi il ladro armato di cacciavite di fronte. Del sentirsi violentato, del non sentirsi sicuro nemmeno nel rifugio che si è costruito con lacrime, sudore e sangue. Quello, come la propria vita e la vita di chi ama, è forse il solo argomento che, ammettiamolo, fa dire a tutti noi: se mi capita e trovo il ladro lo blocco.
Ed è qui che comincia la differenza tra codice e Paese reale. Differenza inconciliabile di esigenze dalla quale nasce un malumore, una rabbia vomitata che talvolta porta all’eccesso. Voglio il diritto di difendermi. In casa mia. Se mi aggrediscono. E poco importa se il ladro è italiano o straniero: voglio potermi difendere senza la paura di finire davanti a un giudice.
Perché se fermo un ladro facendogli male per impedirgli di scappare io rischio più di lui? È un paradosso. Io lo fermo, quello non consuma il colpo e va a processo per tentato furto. Meno grave del furto. Perché io l’ho fermato. Io, invece, vado a processo per lesioni. Magari aggravate. Rischio sino a quattro anni e sei mesi. Quello rischia forse sei mesi. Perché? La domanda è lecita. Legittima difesa. Se ne parla. Se ne discute. Nulla cambia. Per il codice. Per la gente invece monta la rabbia. Non si tratta di farsi giustizia da soli. Ma di avere giustizia. Una giustizia reale, come il Paese. Che partorisce nuovi crimini e nuovi mostri. Come tutti i Paesi del mondo. Perché un minore che stupra in branco la coetanea non può essere processato come adulto? Quello che fa non è da grande, è da bastardo. Categoria che non ha età.
Nuovi crimini. Nuovi mostri. È la storia dell’umanità. Che si è quasi tutta adeguata (almeno quella che viene definita civilizzata) tranne noi. Non si tratta di avere il permesso di girare armati e fare il tiro al bersaglio per strada. Si tratta di potersi difendere senza subire almeno la beffa di vedere il delinquente incassare una sentenza più mite di quella che toccherebbe a noi.
Codice penale. Paese reale. In democrazia dovrebbero camminare a braccetto.