Fervono i preparativi in vista del grande evento del 7 maggio. Reduce dal successo riscosso lo scorso settembre, torna a Varese la Giornata Solidale.
Per tutto sabato una cinquantina di associazioni impegnate nell’ambito sociale dislocheranno i propri gazebo lungo Corso Matteotti e illustreranno al pubblico la propria attività. Ammirevole peculiarità dell’iniziativa, la volontà di tutte le Onlus di ammainare, per l’occasione, le proprie insegne e identificarsi in un unico vessillo: quello di Varese Solidale.
Questo è,
già di per sè, un grande risultato, culturale prima ancora che sociale. Rinunciare ai propri colori in nome di un solo vessillo significa archiviare, almeno per un giorno, l’atavica frammentazione dell’impegno volontaristico e rendere inoffensivo il punto debole di qualunque attività rivolta al prossimo: il personalismo.
Dulcis in fundo, la Cena Solidale, evento nell’evento sfida ambiziosa che si propone di replicare e raddoppiare il record della prima edizione.
Dopo i 630 commensali paganti del 2015, gli organizzatori di Varese Solidale intendono portare a tavola, in piazza San Vittore, mille persone. Sì, avete capito bene: mille.
Obiettivo, raccogliere fondi a sostegno dei più poveri. Dal punto di vista organizzativo è già tutto predisposto. Il raviolo di Varese come primo piatto, Alpini e Monelli della Motta all’opera nelle cucine, i ragazzi della scuola alberghiera al servizio a tavola, gli ingressi diversificati per evitare caos, la tensostruttura per difendersi dai capricci di Giove Pluvio e, ovviamente, i biglietti, già in vendita da qualche giorno e acquistabili anche i prossimi sabato e domenica, grazie a un banchetto in piazza del Garibaldino.
Dopodiché, voglio lanciare un appello ai candidati sindaco di Varese.
Sarebbe bello se coloro che concorrono a vestire la fascia tricolore sedessero allo stesso tavolo e cenassero insieme. Conosco bene la sensibilità sociale che, in diversi modi, caratterizza tutti i candidati e credo che possa essere un bel segnale quello di mettere da parte, per una sera, la campagna elettorale, giusto per il piacere di stare insieme, chiacchierare, passarsi il sale e versarsi reciprocamente un bicchiere di vino.
La mia non è una proposta buonista, ma un modo per mostrare alla cittadinanza che in campo ci sono avversari, non nemici.
E che raccogliere fondi a favore di chi soffre la fame è una missione che non conosce casacche nè steccati. Nel nome di ciò che tutti i candidati, orgogliosamente, condividono e incarnano: la varesinità.