Ogni anno settemila italiani finiscono in carcere o ai domiciliati, ma vengono poi assolti. A fornire il dato sconcertante, pubblicato domenica dal quotidiano La Stampa, è l’Associazione nazionale vittime degli errori giudiziari. Errori che l’anno scorso sono costati allo Stato 36 milioni di euro di indennizzi. Perchè se ritieni di essere stato ingiustamente privato della tua libertà e una sentenza lo dimostra tendenzialmente vuoi essere risarcito del danno subito. Risarcimento che uno su quattro dei ricorrenti ottiene.Dal
1992 ad oggi questi errori allo Stato sono costati 630 milioni di euro. Il dato, per ragioni molto politiche, ha sollevato un polverone. Tra chi invoca la separazione delle carriere per i magistrati e chi invece pretende norme in grado di essere davvero garantiste. La domanda, però, è una e una soltanto: chi sbaglia?
Chi legifera, mettendo a disposizione dei magistrati norme inefficaci sia sotto il profilo delle indagini che del giudizio? O chi amministra la giustizia, ovvero i magistrati? La domanda è legittima e rispondere non è facile. Da un lato ci sono i giustizialisti, quelli che vorrebbero in galera anche chi butta una carta di caramella per terra. Dall’altro ci sono i garantisti a oltranza, che vorrebbero la riduzione delle misure di custodia cautelare, parlando di dignità irrestituibile alle vittime di questi errori. Poi c’è il sistema, quello vero, affatto avulso da pulsioni politiche. La legge in Italia è soggetta a interpretazione. Ma chi sbaglia, a oggi, non paga. Non c’è responsabilità. E si dirà: con una spada di Damocle simile sulla testa, chi mai vorrà più amministrare la giustizia? Come faremo? L’impopolare sistema giudiziario americano una soluzione l’ha trovata. Ebbene sì. In giorni roventi in cui i magistrati accusano i politici di “essere tutti corrotti” e i politici accusano i magistrati, ironia della sorte, di essere “tutti politicizzati”, la differenza, se fossimo in America la farebbero i cittadini. Perchè negli Stati Uniti non soltanto il politico viene eletto dal popolo, ma anche il magistrato. È così: ogni procuratore, da quello di provincia a quello di New York, hanno un mandato a termine. Sistematicamente vengono sottoposti al giudizio del cittadino: hai fatto bene, ti rieleggo; hai fatto male, eleggo un altro. E il perdente non viene riassorbito dall’ufficio. Dovrà costruirsi una carriera da avvocato, al limite. E si dirà: va beh, brogli come se piovesse e intrallazzi sporchi anche lì. Ma intanto quello giudiziario, come quello politico, è un potere controllato dal popolo. Sbagliarsi settemila volte in un anno diventerebbe piuttosto pericoloso.
Ma qui non succederà mai. La scriminante è la cultura media del cittadino.
Sono certa che domani sarò accusata di imperialismo perchè negli Stati Uniti vige (in taluni Stati) la pena di morte. Ma anche quella, banalmente, è decisa dal popolo sovrano.
Di fronte al dato settemila arrestati in un anno poi giudicati innocenti, l’americano medio arriccerebbe il naso in base al principio che “è meglio un colpevole in libertà, che un innocente in galera”. Qui il dato che balza all’occhio è invece quello economico: 630 milioni di euro in 24 anni. «Loro sbagliano e noi paghiamo? Povera Italia». Ma siamo sempre qui: piove, governo ladro. Così nessuno è responsabile.