Taglieggiato da una baby gang. Adesso si cercano altre vittime

Valbossa - Dopo l’arresto del minorenne arriva l’appello: «Se qualcuno ha subìto, parli»

Baby bullo in manette: si cercano altre vittime. Il diciassettenne varesino, che non studia e non lavora, arrestato dai carabinieri di Azzate per aver taglieggiato un ragazzino di qualche mese più grande di lui, a quanto pare ce l’aveva per vizio. I fatti sono accaduti in un comune della Valbossa. La vittima ha subito le aggressione del bullo da giugno 2015 a marzo 2016. In tutto sei episodi estorsivi e quattro rapine. Il baby boss era spalleggiato da altri tre ragazzini che sono stati denunciati a piede libero.

Secondo quanto accertato dagli inquirenti il capo della baby gang non sapeva resistere: quando individuava nella cerchia delle proprie conoscenze, anche occasionali, un ragazzino più debole. Magari soltanto introverso e più minuto di lui, diventava arrogante. Molto arrogante. Lo bullizzava, insomma. E’ accaduto con il coetaneo che l’ha poi fatto arrestare. Era già accaduto in passato. Non è escluso che il bulletto abbia mietuto altre vittime rimaste sino ad ora in silenzio per paura. L’arresto

eseguito dai carabinieri di Azzate dimostra invece come, rivolgendosi alle forze dell’ordine, la vittima all’improvviso diventa il più forte. Il giovane taglieggiato, preso a schiaffi, rapinato quattro volte dei pochi euro che aveva in tasca, al quale è stata persino spenta una sigaretta su un braccio per costringerlo a pagare, era arrivato a rubare i soldi ai genitori per saldare conti non dovuti al suo aguzzino. Che lo aspettava fuori da scuola, alla fermata del bus, gli dava appuntamento per riscuotere i soldi. I genitori, resisi conto degli ammanchi, lo hanno messo alle strette. Pensavano a bizzarrie da adolescenti. Mai avrebbero immaginato uno scenario del genere. Il ragazzino, in lacrime, ha raccontato tutto. E’ scattata la denuncia. E la vittima non è più stata sola. I carabinieri sono diventati l’ombra del ragazzino. Pedinando il bullo e i suoi scagnozzi. Raccogliendo prove. E facendo scattare le manette. Il giovane ha denunciato e l’incubo è finito. E’ questo l’appello: le forze di polizia sono rapide ed efficienti. Se le vittime non parlano, però, non possono fare nulla. Denunciare, denunciare subito. Non subire per mesi. Non farsi picchiare.
Il sospetto che il baby boss possa aver utilizzato gli stessi metodi anche con altri c’è. Quindi l’invito per chiunque sia vittima di bullismo e di estorsione è quello di farsi avanti. Parlate e l’incubo finirà. La dimostrazione è quest’arresto, uno dei moltissimi operati dalle forze di polizia. Basta una parola e la giustizia arriva.