Cos’è il destino? Qualcuno che non chiede permesso né scusa: si presenta e recita la sua parte. Talvolta (ed è una volta che viene per tutti, prima o poi) è quella di portarci via a braccetto chissà dove, chissà se in un posto migliore o peggiore, chissà se per sempre o no. Qualche giorno fa il gallaratese d’adozione Pietro Oliva se l’è trovato davanti all’improvviso, non riconoscendolo subito perché il destino -che si diverte a mostrarsi favorevole/benigno piuttosto che crudele/beffardo- s’era
mascherato. Pietro viaggiava sul treno proveniente da Taranto, dove aveva ritirato l’urna cineraria del padre. La trasferiva a Gallarate, per tenerla vicino a sé. Forse tra le mura domestiche, forse nel giardino lì fuori, forse al cimitero poco distante. Di colpo ha visto affacciarsi allo scompartimento del Freccia Rossa un’ombra. E se n’è turbato, al punto da scivolare giù dal seggiolino di plastica, perdendo la cognizione della realtà. Ma solo per qualche istante: riavutosi dalla sorpresa, ha ricevuto l’educata e ferma richiesta dell’ombra a seguirla. Solo allora ne ha inquadrato bene il profilo, e capito che il destino -smessi i panni dell’indecifrabilità- aveva indossato le vesti (preso le sembianze) della morte. Dopo aver chiamato a sé suo padre, adesso chiamava lui, decidendo di parificarli nel viaggio che, invece di terminare alla stazione di Gallarate, proseguiva fino al capolinea della vita. Pietro, senza opporre resistenza, ha accettato l’invito. Con la rassegnata serenità di chi ha nozione della sorte da cui è atteso: amara o dolce, dipende da che cosa ci s’immagina di trovare sulla banchina finale, sbarcando dal vagone dell’esistenza.