Frontalieri, al via la campagna del sindacato Unia in difesa del nuovo accordo fiscale: «Regime ancora favorevole ai lavoratori frontalieri. Rivendichiamo questo risultato».
Un volantino in distribuzione ai valichi di confine prova a far chiarezza sul nuovo accordo fiscale sulla doppia imposizione che tanto preoccupa i frontalieri, anche in provincia di Varese, dove sono un “esercito” di oltre 25mila persone. È l’iniziativa dell’Unia, il primo sindacato svizzero.
Nei prossimi giorni partirà un tour di assemblee nelle province di confine per illustrare i contenuti dell’accordo: nel Varesotto gli appuntamenti in calendario sono in programma lunedì 19 settembre alle 20.45 nella sala consiliare di Ponte Tresa e venerdì 30 settembre alle 20.30 al Circolo Cavallotti di Creva di Luino. Per ora, nel volantino, ci sono già dei numeri nero su bianco. Un lavoratore non sposato con uno stipendio da 60mila franchi, ad esempio, oggi si vede trattenuti 5135 euro di tasse direttamente alla fonte, nel 2019 pagherà 3591 euro in Svizzera e avrà un credito d’imposta in Italia di 1990 euro, mentre nel 2029 pagherà in Italia 5251 euro e 3591 euro in Svizzera. Un lavoratore sposato con due figli e moglie a carico, invece, oggi non si vede trattenuto nemmeno un euro, nel 2019 continuerà a non pagare tasse nemmeno in Italia, idem anche nel 2029.
Un punto fondamentale preme ricordare ad Unia, ovvero che dal 2019, data in cui presumibilmente saranno chiamati per la prima volta ad aderire alla dichiarazione dei redditi Irpef precompilata, i frontalieri «godranno di un regime fiscale speciale rispetto a chi lavora in Italia – precisa il sindacato – in sostanza, pagheranno comunque meno tasse rispetto ai lavoratori in Italia». Perché se in Svizzera saranno tassati al 70% e non più al 100%, in Italia sono previste una serie di agevolazioni.
«Dal salario lordo trasformato in euro – spiega il volantino di Unia – saranno dedotti: tutti i contributi sociali di legge (assicurazioni) pagati in Svizzera, gli oneri della cassa pensione (il cosiddetto “secondo pilastro”), gli assegni famigliari, gli oneri derivanti dal pagamento del prepensionamento, la “franchigia” di 7500 euro (già garantita oggi ai frontalieri domiciliati fuori dalla fascia dei 20 chilometri) e l’eventuale pensione complementare privata italiana (che in Svizzera chiamano “terzo pilastro”). Si arriva così al salario imponibile sul quale sarà calcolata l’imposta Irpef».
Ma, almeno inizialmente, non per intero, in quanto l’accordo prevede una gradualità nella doppia imposizione: nel 2019, infatti, il salario imponibile che servirà da base di calcolo per l’imposta lorda sarà ridotto del 60% del suo valore reale, pertanto la somma da versare al fisco italiano sarà calcolata sul 40% dell’imponibile. Negli anni successivi, gradualmente, la base di calcolo aumenterà progressivamente: il 46% nel 2020, il 52% nel 2021, fino a raggiungere nell’arco di dieci anni il 100%. Solo nel 2029, dunque, il nuovo sistema di doppia imposizione entrerà effettivamente a regime. Sempre che il parlamento italiano non accolga la richiesta avanzata dalle organizzazioni sindacali, di aumentare la gradualità dell’entrata a regime dai 10 anni attualmente previsti a 15 anni, per rendere ancor meno impattante lo “scivolo” verso il nuovo sistema. In definitiva, la sintesi di Unia, «pur subendo un peggioramento del loro trattamento fiscale rispetto ad oggi, i frontalieri continueranno comunque a beneficiare di un regime più favorevole rispetto ai loro compatrioti che guadagnano il loro salario all’interno dei confini italiani». Inizialmente, nella fase di applicazione graduale, addirittura alcune categorie vedranno un aumento in busta paga, mentre dal 2028 in ogni caso «i frontalieri non pagheranno, come alcuni fanno pretestuosamente credere, due o tre salari di tasse in più».