Si guarda il dito invece che la luna. Un classico. L’ambasciatore americano a Roma paventa ricadute negative dall’eventuale sconfitta del sì al referendum costituzionale. Interferenza e protervia? Realismo e saggezza, semmai. Come Phillips la pensano il resto dell’Europa istituzionale, le organizzazioni imprenditoriali, gl’investitori più ricchi (cinesi e arabi), le agenzie di rating, eccetera: quelli cui sta a cuore un futuro di stabilità, e tanto più data l’instabilità attuale. Il recente Forum Ambrosetti insegna.
Esprimere un timore fondato non è attentare alla libertà di giudizio d’un Paese, specialmente se è un paese amico, come l’Italia per gli Stati Uniti. Dovremmo ringraziare Phillips invece di maledirlo. Non ha manifestato una strategia del complotto, e invece suggerito una riflessione pratica. Ovvero: 1) per quanto perfettibile, la riforma renziana è un passo avanti sulla via del progresso, dopo il pluridecennale immobilismo; 2) il suo risultato non sarà fine a sé stesso, ma andrà a comporsi con quelli elettorali in Olanda, Francia, Germania e forse Spagna nel 2017; 3) le conseguenze d’una bocciatura peserebbero su spread, congiuntura economica, prospettive politiche di tutto il continente.
Riflessioni elementari, ovvii timori, inviti a pensarci bene da non prendere affatto male. Le reazioni scomposte a una normale e sincera valutazione dello stato delle cose sono l’ennesima e deludente rappresentazione del nostro mediocre provincialismo. Nessuno ci vuol togliere prerogative democratiche e legittimi diritti, qualcuno ci avvisa che le une e gli altri sono al servizio del buon senso e non del cattivo personalismo.