Una politica industriale per sostenere il capitale umano: questa la chiave di lettura del faccia a faccia che ieri pomeriggio alla Liuc di Castellanza ha visto di fronte il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini e il vicepresidente di Confindustria, con delega al capitale umano, Giovanni Brugnoli.
L’occasione è stata la presentazione del decimo Rapporto sulla Sussidiarietà, curato dalla Fondazione insieme all’Università degli Studi di Bergamo e dedicato al tema “Sussidiarietà e…politiche industriali”, sulla base di un’indagine condotta su 380 imprenditori e manager d’impresa dei settori chiave del Made in Italy (abbigliamento-tessile, agroalimentare, macchine utensili, legno-arredo).
«Studia proprio l’imprenditore, figura che mi è cara e mi ha fatto rispolverare un po’ di farina del mio sacco – l’introduzione del rettore dell’Università Cattaneo Federico Visconti – cinque anni fa, in un volume scritto con Guido Corbetta concludevamo così: l’Italia non è destinata al declino, il modello Italia non è omologabile, gli imprenditori hanno bisogno di fatti non di parole. In cinque anni la fame è salita, anche se fatti ne sono successi, dentro e attorno alle imprese».
Una strada per evitare il declino la suggerisce Giorgio Vittadini, ed è quella della valorizzazione del «capitale umano, che è capacità innata e acquisita, ma anche quanto un lavoratore è capace di fare». Sono “cognitive skills”, abilità intellettive non solo innate ma acquisite con la formazione scolastica, ma sempre più “non cognitive skills”, che vengono sintetizzate sotto l’etichetta di “personalità” o “carattere” dell’imprenditore.
«Sempre più importanti, oggi che l’obsolescenza in certi settori è a cinque anni, visto che contemplano flessibilità, creatività, responsabilità, estroversione, problem solving, capacità di reagire – spiega Vittadini – gli studiosi le raggruppano nelle “big 5”: energia, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale».
È su questo fronte che, secondo il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, occorre investire in istruzione di qualità: «Oggi l’imprenditore è uno dei fattori fondamentali per uscire dalla crisi: l’Italia non va verso il declino solo se valorizza e costruisce la qualità umana di partenza, che è da sempre il suo punto di forza, con un’istruzione superiore che permetta di generare l’imprenditore dei prossimi decenni».
Giovanni Brugnoli, già numero uno di Univa e oggi tra i “vice” di Vincenzo Boccia, aggiunge il tema del «cambiamento culturale» in atto nel mondo delle imprese: «Anche se ogni imprenditore si sente sempre con la maglia “numero 10” sulle spalle, oggi occorre affacciarsi sui mercati internazionali in rete, aprirsi nei confronti dei concorrenti che possono diventare partner per condividere le sfide per affrontare i mercati internazionali. È un cambio epocale in termini di cultura d’impresa, ma solo così si riescono ad approcciare mercati mai esplorati».
Un modo, secondo Brugnoli, per difendere la forza e l’orgoglio del nostro manifatturiero: «Di pari passo alle politiche dell’Industry 4.0, serve gettare un seme di una politica di “Education quattro punto qualcosa in più”.
Altrimenti il gap con i grandi paesi che hanno grandi numeri nell’istruzione rischia di non essere più colmabile».