Il Varese è una piccola grande famiglia, lo abbiamo scritto un sacco di volte e l’abbiamo fatto perché ci crediamo. Nelle famiglie si sta insieme per il piacere di farlo, si sorride e ci si diverte, si gioca e si beve assieme, si combatte fianco a fianco. E si piange quando qualcuno, per qualche gioco del destino, saluta e se ne va per sempre.
Come si faceva a non voler bene a Ottavio? Un uomo che impersonava la gentilezza, un uomo d’altri tempi: un uomo per cui il saluto si faceva stringendo la mano, guardando negli occhi e poi sorridendo. Come si faceva a non voler bene a Ottavio? Uno che amava quel che faceva, amava seguire le sue squadre giovanili, ma soprattutto amava il Varese. Dignitoso, sempre: anche e soprattutto nella malattia, portata senza vergogna e senza diventarne ostaggio fino all’ultimo istante.
La famiglia biancorossa oggi è unita, in un dolore che solo qui, solo con questi colori, da personale diventa collettivo. Non è la prima volta che succede, purtroppo: dal Peo al prof Speroni, sono state tante le occasioni in cui ci si è ritrovati a piangere insieme. Non è la prima volta che succede, per fortuna: perché ogni volta ci si rende conto della potenza di quello che c’è dietro, di quello che c’è dentro. Questa non è solo una squadra, una società: è molto di più. E ce ne accorgiamo in questi momenti, quando il dolore è condiviso e quindi fa un po’ meno male.
Una famiglia, sì: della quale Ottavio Biasibetti faceva (anzi, no: fa) parte, di diritto e orgogliosamente. A noi, di Ottavio, resterà dentro per sempre un’immagine: la vedete lassù, in alto a questa pagina. Eravamo a Bolzano per la partita contro l’Alto Adige, il Varese di Sannino stava perdendo 1 a 0 a due giornate dal termine e si stava giocando la promozione diretta in C1, incalzato dall’Alessandria. Minuti di recupero, caldo atroce, speranze ormai andate in fumo.
Poi quella mischia furibonda, quel gol “sporco” di Bernardini, quello decisivo per la promozione e per tutto quello che sarebbe venuto dopo. Eccolo l’Ottavio, che esulta con Frontini e Giorgetti. Eccolo, quel sorriso che chi ama il Varese porterà sempre con sé. Ciao Ottavio, e grazie. Conoscerti, è stato un privilegio.