Quando nasce un bambino è sempre una festa e una speranza nel futuro. Si tratta di un’ovvietà, naturalmente. Ma che non lo è poi così tanto, se la si dice in chiusura di una storia raccontata dalla rivista inglese “Scientist”.
Andiamo al principio. Due genitori di nazionalità giordana ricorrono alla procreazione assistita. Durante la gestazione i medici si accorgono che il feto ha contratto la malattia di cui soffre la madre, la sindrome di Leigh. È una sindrome neurologica progressiva che riguarda il sistema nervoso centrale e in particolare il tronco cerebrale e il cervelletto. Aveva già causato la morte dei primi due figli della donna. Gli specialisti americani che l’hanno in cura decidono, d’intesa con lei e col marito,
di sostituire i mitocondri difettosi della cellula uovo della madre con quelli sani della donatrice. Eseguono la procedura in Messico, perché lì, come in Gran Bretagna, è lecito praticarla. Negli Stati Uniti no, neppure al New Hope Fertility Center dove opera l’équipe del dottor John Zhang, protagonista dell’intervento. Che va a buon fine: il piccolo, al termine del normale periodo di gravidanza, viene alla luce e ha dunque -primo caso al mondo- un triplice Dna. È il figlio di due mamme e un papà.
Abrahim Assan, questo il suo nome, ha ormai tagliato il traguardo del quinto mese di vita e sta bene. Che cosa ne pensiamo? Che siamo felici di questa sua salute e della gioia dei suoi genitori. Naturalmente la questione etica che un tale progresso scientifico pone è enorme. Le risposte toccano a chi giudica di essere in grado di darle. Il dottor Zhang ha già fatto conoscere la sua: salvare una vita è la cosa più importante.