Gli affreschi giotteschi del Trecento nelle stanze del palazzo Arcivescovile

È nota la presenza dell’artista a Milano fra il 1335 e il 1336. Poco chiaro il motivo del viaggio

Pesanti mani di scialbo e intonaci hanno custodito per decenni nel palazzo Arcivescovile di Milano un interessante ciclo di affreschi trecenteschi di impronta giottesca.

Il ritrovamento è stato alquanto fortuito, come talvolta accade mettendo mano a edifici di interesse storico: infatti, durante alcuni lavori all’interno del sottotetto del palazzo di piazza Fontana per riparare i danni provocati da una infiltrazione di acqua piovana, sono emersi da sotto lo scialbo frammenti di un ciclo pittorico trecentesco attribuibile a pittori lombardi che fanno propria la lezione di Giotto.
Va detto che non si tratta di dipinti sconosciuti agli studiosi: la scoperta venne fatta negli anni 50 del Novecento durante la massiccia campagna di restauro del palazzo arcivescovile per rimediare ai danni di guerra.


Sotto l’attenta direzione dell’architetto Bernasconi, ispezionando il sottotetto in prossimità dei quattro grandi finestroni ripristinati verso via dell’Arcivescovado emersero frammenti di affresco giudicati all’epoca in ottimo stato di conservazione, ma che trovandosi in uno spazio di fatto non accessibile perché fra il tetto e le volte settecentesche che modificarono l’originario appartamento dell’arcivescovo Giovanni Visconti (1290-1354), vennero documentati rinunciando al loro restauro e ben presto dimenticati, ultimando nel frattempo altri lavori necessari per lo svolgimento delle attività della Curia.
I dipinti, in parte riscoperti a partire dal 2011, sono oggi oggetto di studio da parte di Serena Romano, ricercatrice presso l’Università di Losanna e del professor Marco Rossi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La loro importanza, oltre che per la bellezza, sta nel fatto che costituiscono uno dei pochi cicli pittorici ancora esistenti a Milano a testimonianza della vitalità artistica e della novità culturale introdotta nel Ducato dal progetto di rinnovamento di Azzone Visconti, nipote dell’arcivescovo Giovanni probabile committente del ciclo pittorico.

È nota la presenza di Giotto a Milano fra il 1335 e il 1336, anche se non è del tutto svelato il vero motivo del suo viaggio.
In Città si conserva, strappato e riportato all’interno della chiesa di San Gottardo in Corte, un grande affresco che raffigura la Crocifissione datato intorno al 1335 ritenuto molto affine ad altre opere del pittore.
Del resto nel Ducato le testimonianze dell’influsso del linguaggio giottesco prima del suo arrivo sono note: gli affreschi del Maestro della Tomba Fissiraga, presenti anche nel pregevole battistero di San Giovanni a Varese; gli affreschi della cappella Visconti in Sant’Eustorgio; gli affreschi del maestro delle Sante Liberata e faustina a Como.
Poco si conosce dell’influsso della pittura giottesca dopo la sua partenza da Milano e questo ciclo che Romano e Rossi collocano nel 1340 ne è un mirabile esempio.
I lavori per la costruzione del nuovo Palazzo Arcivescovile voluto da Giovanni Visconti iniziano nel 1332 e terminano, per quanto riguarda la fabbrica architettonica, intorno al 1338 ed è ragionevole pensare che da quella data inizia anche la decorazione delle pareti del grande salone nell’appartamento al primo piano destinato all’arcivescovo, oggi trasformato dalla pesante ristrutturazione settecenesca. Tuttavia è un patrimonio che non è visibile a tutti, per la difficoltà di creare un percorso museale.

L’esigenza di rendere fruibili gli affreschi dopo il restauro è stata risolta ricorrendo alla tecnologia AR acronimo che sta per augmented reality che non ha nulla a che vedere con la realtà virtuale. Da un progetto con l’Università Cattolica, in particolare con City Innovation Lab dell’Alta Scuola Impresa e Società (ALTIS) che si occupa di valorizzare l’identità dei luoghi attraverso interventi culturaloi, in partnership con il Dipartimento di Storia, Archeologia e Storia dell’Arte, è nato un progetto innovativo che, oltre a portare attenzione e risorse economiche necessarie al restauro degli affreschi, potesse finalmente restituire alla città di milano questo patrimonio inedito.