Franco Branciaroli sfata la maledizione di Macbeth.
Questa sera, alle 21, sulle tavole del teatro Openjobmetis di piazza Repubblica a Varese l’attore e regista milanese dirigerà e interpreterà la tragedia shakespeariana.
Sin da giovanissimo riconosciuto uno dei maggiori talenti del teatro italiano, cresciuto al “Piccolo Teatro di Milano”, appassionato del proprio mestiere è primo attore da testi eterni, che ha onorato sempre la funzione rivelatoria e sacra del teatro e lo fa anche questa volta, in occasione dei 400 anni dalla morte del drammaturgo inglese, in una storia di dolore, violenza, crudeltà, sete di potere, ma soprattutto paura e disagio.
«Shakespeare avrà qualcosa da dirci fino alla fine del pianeta Terra – dice Branciaroli -. Sono convinto che se si conoscesse e si facesse di più avremmo uno stato di civilizzazione della nazione che in nessun altro piano si può ottenere. È il più grande genio dell’età moderna. Dovrebbe essere obbligatorio farlo e anche andarlo a vedere».
Il Bardo secondo il regista non è davvero così conosciuto. «È un equivoco. In tanti lo conoscono per sentito dire, ma mai l’hanno letto, Macbeth compreso». Un motivo in più per portarlo in scena. «L’ho scelto per una passione personale, anche se è famoso per essere un testo che fallisce spesso». Una maledizione?
«Non porta male per questioni magiche, ma perché spesso la rappresentazione non riesce a stare in piedi. E gli attori crollano su Macbeth. Anche fallire però è una bella cosa».
La versione di Branciaroli però sta avendo riscontri più che positivi.
«È vero non sta andando male. Grazie a Youtube, che permette di vedere tutte le versioni possibili di Macbeth, ho capito quando e perché non funziona. Correggere è molto più facile che creare». Individuando il punto debole, ha trovato una soluzione diversa. «In genere crolla nella seconda parte, perchè ho notato, ma non vorrei sembrar presuntuoso, che nessuno si ricorda e sottolinea pesantemente che il protagonista non dorme.
Uccidendo il re perde il sonno e non per modo di dire. Shakespeare ci gioca molto. Lui è insonne mentre la moglie è sonnambula. Innestando questa situazione fisiologica, si percepisce maggiormente ciò che accade e che Macbeth si avvia all’implosione».
La sete di potere non è al centro dell’animo del protagonista.
«È una banalità. Chiunque è, più o meno, assetato di potere. Lui, in realtà è malinconico in senso rinascimentale, un depresso che, alla fine, quando ha tutto si trova davanti il non senso dell’esistenza. Si trova di fronte il nulla e ci naufraga. Le battute del testo possono fuorviare facendogli attribuire un atteggiamento soltanto guerriero che non regge in drammaturgia».
Tanti i caratteri e le maschere che non ha ancora interpretato, ma che all’attore vorrebbe piacerebbero.
«Ce n’è a bizzeffe. Mi manca Re Lear o anche Amleto, sempre ammesso che qualche pazzo lo voglia produrre. E poi Aiace e tanti della tragedia Greca. Ci vorrebbero sette vite per interpretarli tutti. Compreso Faust di Gothe, pilastro delle cultura occidentale europea che in Italia non fanno da 50 anni». Sono disponibili biglietti di ingresso per platea, prima e seconda galleria a 32, 28 e 24 euro.
Per info: www.teatrodivarese.org.