Ottanta casi nel mirino. La commissione disse: «Tutto ok»

Si allarga a macchia d’olio l’indagine sulle morti sospette all’ospedale di Saronno. Oggi l’interrogatorio di Cazzaniga e Taroni

Sarebbero un’ottantina le cartelle cliniche acquisite nelle ultime ore dagli investigatori rispetto a decessi avvenuti tra il 2011 e il 2016. Anche ieri, infatti, altri familiari di persone scomparse dopo il ricovero ospedaliero a Saronno, si sono recati in caserma manifestando i propri dubbi. I casi sospetti potrebbero, quindi, aumentare.

La maxi indagine che sta sconvolgendo l’Italia, condotta dal nucleo operativo e radiomobile di Saronno comandato dal luogotenente , in sinergia con la Procura di Busto Arsizio, sull’ospedale di Saronno, vede coinvolte a vario titolo, oltre alle due figure chiave, il “Dottor Morte” e l’infermiera sua compagna , anche altri soggetti, in particolare dirigenti e personale medico della struttura sanitaria.

Nella lista figurano, per esempio, il primario del reparto operativo di Pronto Soccorso, il responsabile del servizio infermieristico aziendale, il direttore sanitario dell’azienda ospedaliera, il capo dipartimento del reparto emergenza e accettazione, il medico legale aziendale e il direttore medico del presidio ospedaliero di Saronno.

Secondo la ricostruzione della Procura di Busto Arsizio, a vario titolo avrebbero omesso di denunciare all’autorità giudiziaria i reati commessi da Leonardo Cazzaniga, di cui avrebbe avuto notizia già nel maggio del 2013. Le stesse persone, sempre secondo le risultanze della Procura di Busto Arsizio, avrebbero comunicato agli infermieri dai quali erano arrivate le segnalazioni, rispetto ai trattamenti terapeutici somministrati dal “Dottor Morte”, che il comportamento tenuto dal medico, finito in manette, doveva ritenersi corretto e che soprattutto non c’era alcun nesso causale tra i decessi delle vittime e il trattamento farmacologico ai quali erano state sottoposte.

C’è un passaggio in particolare piuttosto singolare di tutta la faccenda. Dopo le segnalazioni inviate da un paio di infermieri alla direzione dell’ospedale, in particolare rispetto al caso di morte sospetta di , e al “protocollo Cazzaniga”, il direttore sanitario istituì una commissione medica interna che avrebbe dovuto compiere una serie di accertamenti e indagini per stabilire la bontà dei trattamenti somministrati dal “Dottor morte” ai propri pazienti. Commissione che però. appunto, stando ai fatti non prese poi alcun provvedimento al riguardo.

In particolare sotto la lente di ingrandimento della commissione erano finiti otto casi, tra i quali quelli molto sospetti di , , e . Si tratta dei quattro decessi per i quali la pubblica accusa avrebbe la certezza assoluta di un nesso tra il trattamento somministrato da Cazzaniga e la morte dei pazienti. A conclusione dei lavori, nelle singole relazioni, e soprattutto nella relazione finale, i componenti della Commissione avrebbero omesso, come si legge nell’ordinanza, di «rilevare gli elevatissimi sovradosaggi di farmaci somministrati ai pazienti Isgrò, Lattuada, Lauria e VerganiI da parte di Leonardo Cazzaniga e l’elevata probabilità dell’esistenza di un nesso di causalità tra la somministrazione di tali farmaci e la morte dei pazienti».

Nella loro relazione i componenti della commissione avrebbero dunque espresso un giudizio di correttezza professionale e deontologica rispetto a come avrebbe operato il medico arrestato nelle ultime ore per omicidio volontario.
Il direttore sanitario avrebbe poi inviato la riposta scritta con le risultanze ai due infermieri che avevano segnalato le anomalie. I componenti della commissione, secondo la ricostruzione della Procura, avrebbero scoraggiato uno dei due infermieri a sporgere denuncia rispetto al decesso Lauria.

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