Si torna a parlare del centro di accoglienza di via Pola. Sull’albo pretorio del Comune di Varese è comparso un avviso pubblico per la ricerca di soggetto attuatore per la predisposizione dei servizi di accoglienza per i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale e per i titolari di permesso umanitario a valere sul fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo. Il bando mette a disposizione quasi 400 mila euro di fondi del Ministero dell’Interno per accogliere 25 profughi per un anno.
«Niente di nuovo, è un normale rinnovo della convenzione per la gestione del centro di via Pola, (attualmente gestito dalla Cooperativa Intrecci, ndr). Non abbiamo cambiato nulla delle condizioni vigenti con la passata amministrazione, i posti sono gli stessi: 18 per via Pola, 7 per il centro di Casbeno. Si tratta di un bando Sprar, ovvero di un bando del Servizio di protezione richiedenti asilo e rifugiati che, all’interno del sistema nazionale di accoglienza, si occupa della parte gestita dai comuni» spiega l’assessore ai servizi sociali Roberto Molinari.
Ma Fabio Binelli, capogruppo della Lega in consiglio comunale, attacca: «Il centro di via Pola è nato per i richiedenti asilo che arrivano alla Malpensa, non per accogliere indistintamente tutti i profughi che ci sono sul territorio. Per questo il centro ha un numero di posti limitato. Eppure, con una recente delibera, l’amministrazione Galimberti ha aumentato i posti disponibili del 20 per cento».
Emanuele Monti, consigliere regionale della Lega, afferma: «il Centro di via Pola è stato creato anche per via della convenzione di Dublino voluta da Berlusconi, in base alla quale i Paesi della Comunità Europea possono spedire un irregolare trovato sul territorio nel Paese dove è stato identificato. Gli stranieri identificati in Italia vengono dunque imbarcati in aereo e fatti atterrare a Malpensa o a Fiumicino, dove devono essere ospitati nel Comune capoluogo di Provincia, da cui poi vengono smistati».
Ma il Comune nega che il Centro di via Pola sia stato creato per rispondere alla Convenzione di Dublino. «I cosiddetti “Dublinanti” possono essere assegnanti a qualsiasi centro, tra cui via Pola – ricostruisce Francesco Spatola, ex dirigente dei servizi sociali del Comune di Varese ed ora consigliere comunale del Pd – Coloro che adesso sbraitano contro l’Europa a suo tempo non si sono battuti in rappresentanza dell’Italia per fare i nostri interessi».
La Lega, nei passati 10 anni, ha sempre voluto chiudere il centro di via Pola, scontrandosi però con l’area cattolica della propria maggioranza che, con gli assessori Gregorio Navarro prima e Enrico Angelini poi, ha voluto mantenere il centro in funzione.
Binelli, dati alla mano, sostiene che: «Varese ha cercato di non avere grossi centri di accoglienza. Questo perché solo il 6-7 per cento dei “profughi” ha diritto alla richiesta di asilo, solo il 10 per cento ottiene permesso per motivi umanitari, gli altri sono clandestini a tutti gli effetti. Clandestini che dovrebbero presentare domanda ai sensi della Bossi-Fini, legge in base alla quale l’Italia stabilisce quanti migranti per motivi economici, già in possesso di un lavoro, possano fermarsi nel nostro Paese. Già negli anni scorsi, il 70 per cento degli ospiti di via Pola non otteneva il diritto di asilo per motivi di persecuzione politica».
Lo scorso anno sono arrivati in Italia 170 mila richiedenti asilo. La Lombardia ha dovuto farsi carico del 20 per cento del totale, pari a 34 mila persone. La Provincia di Varese del 7-8 per cento di questi, pari a 3 mila persone.