Gli italiani migrano in Svizzera. Per poter avere un figlio

Aumenta il numero di coppie che si rivolgono oltreconfine per la fecondazione assistita

Non tutte le coppie riescono ad aver un figlio in modo naturale e quando il dono di un bambino non arriva, spesso per le coppie in cerca diventa un calvario di trafile, ricerca di centri medici adeguati e liste di attesa. Ma il trend della procreazione assistita va ben oltre le barriere e i balzelli imposti dalla legge.
E le coppie in cerca di un figlio sono disposti a spostarsi laddove trovano una risposta al loro sogno di diventare genitori: sono così in crescita le coppie che decidono di andare in Svizzera, per affidarsi a specialisti in grado di avverare il loro desiderio di avere un figlio. È quanto emerge dall’attività del centro per la fertilità ProCrea di Lugano che l’anno scorso ha visto crescere del 14% il numero delle coppie rispetto al 2015.

Un trend in controtendenza rispetto a quanti, a fronte delle normative italiane oggi più permissive rispetto a quelle elvetiche, vedrebbero una fuga non più dall’Italia verso la Svizzera, ma dalla Svizzera all’Italia per le terapie di procreazione assistita. Infatti, grazie alle sentenze che hanno di fatto abolito la Legge 40, le normative in Italia consentono oggi terapie non permesse oltreconfine. Un solo esempio: l’ovodonazione in Italia è permessa, non così a Lugano.

ProCrea è il maggiore centro di fertilità della Svizzera ed è un polo di riferimento internazionale e in questi anni ha visto crescere costantemente il numero dei pazienti italiani: «Il laboratorio di genetica molecolare, lo staff di specialisti che mettiamo a disposizione composto da medici, biologi, genetisti, andrologi ed endocrinologi, la rete di assistenza e di accompagnamento delle coppie fanno di ProCrea un punto di riferimento internazionale quando si parla di infertilità – spiega Michael Jemec, direttore medico di ProCrea -. Si sta rivelando vincente la scelta che abbiamo fatto di essere più vicini alle coppie italiane, che rappresentano l’80% dei nostri pazienti, di portare in Italia la nostra esperienza per quelle terapie che non sono consentite in Svizzera».

Non stiamo parlando di un’inversione di tendenza o di cambio delle tratte del cosiddetto turismo riproduttivo «quanto della precisa scelta che le coppie alla ricerca di un figlio fanno – sottolinea Jemec -. La volontà non è quella di aggirare leggi, ma quella di poter usufruire delle tecniche più recenti per poter avere una gravidanza. Alla base quindi non c’è l’intenzione di fare cose “proibite”, ma solamente il desiderio di poter realizzare un sogno. Del resto,

quando la ristrettezza delle normative era al contrario, quindi l’Italia più rigida e la Svizzera più aperta, il 90% delle coppie italiane che si rivolgevano a noi si sottoponevano a terapie assolutamente permesse anche in Italia».
Quel 14% di crescita registrato nel 2016 resta però un dato significativo «che si traduce in un aumento del 22% per le terapie Fivet (fecondazione in vitro), un più 3% per le fecondazioni con seme di donatore e da una crescita sostanziale delle ovodonazioni. Il tutto supportato da un dato di successo, quindi di gravidanza, nel 44% dei casi».