«Mi hai fatto uno sgarro? Ti brucio la macchina». Non una minaccia a vuoto, ma la realtà dei fatti. Cinque incendi in cinque anni: un camper e quattro macchine.
Tutti attribuiti a lui, un quarantatreenne di Besozzo, con precedenti, arrestato l’altro ieri dai carabinieri della stazione di Besozzo su ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Varese. Le manette sono scattate al termine di un’indagine certosina condotta dai militari di Besozzo in collaborazione con i colleghi di Varese e Laveno Mombello: il quarantatreenne è accusato di incendio doloso.
Ad incastrare il piromane vendicatore è stata la firma che l’uomo avrebbe lasciato sul luogo di ciascun rogo. Una sorta di marchio di fabbrica che riconduceva tutti e cinque gli incendi allo stesso autore. Precisamente il piromane che ha colpito, tra l’altro, in luoghi diversi, utilizzava un innesco particolare per far divampare le fiamme: una sorta di treccia realizzata con delle garze e imbevuta di liquido infiammabile.
L’innesco era abbastanza lungo da permettere al piromane di accenderne una estremità
e avere quella manciata sufficiente di secondi per allontanarsi dal luogo del delitto senza rischiare di rimanere ferito e soprattutto senza rischiare di essere visto. Il quarantatreenne deve aver pensato che quell’intreccio di garze, così leggero quanto letale, sarebbe bruciato interamente senza lasciare traccia. Non è stato così. I rilevi scientifici eseguiti dai carabinieri hanno permesso di ricostruire il tipo d’innesco utilizzato e di trovarne tracce. Sempre le stesse in tutti e cinque gli incendi.
Uno all’anno: dal 2011 al 2016 tra Varese, Cocquio Trevisago, Besozzo e Laveno Mombello. Un camper e quattro auto, bersagli non scelti a caso come si sarebbe potuto pensare vista la distanza tra i comuni dove il piromane ha colpito. Zone diverse, tipologia diversa di vittima: uomini e donne. Il quarantatreenne non faceva distinzione. Persone a lui conosciute anche se sempre in modo del tutto superficiali. Persone con le quali, negli anni, aveva avuto delle discussioni per motivi definiti “futili” dagli inquirenti. Insomma non parliamo di racket ed estorsori. Litigi per questioni quotidiane, come può capitare a chiunque. Il diverbio con il vicino di casa, la lite sul posto di lavoro, con il collega. Cose che normalmente si risolvono a parole oppure, in presenza di soggetti particolarmente litigiosi davanti agli avvocati.
Ma dove gli altri si insultano, o magari lasciano cadere le briciole sul davanzale del vicino, l’uomo, per gli inquirenti andava oltre. Curava la vittima designata, ovvero colui che ai suoi occhi gli aveva fatto uno sgarro imperdonabile, sceglieva il momento. Sempre di notte. Appiccava l’incendio ma non senza lasciare traccia. In un’occasione, infatti, le telecamere posizionate nelle vicinanze del luogo di uno degli incendi hanno ripreso il piromane. La firma lo ha collegato anche agli altri quattro incendi. E a quel punto tra le vittime è stato trovato il filo conduttore: tutte e cinque avevano avuto una discussione con l’arrestato.