Pronostico chiuso doveva essere e pronostico chiuso è stato. Ma sotto le volte del PalA2A la capolista ha avuto bisogno di lottare per avere la meglio di una Varese coriacea e davvero lontana da quella brutta, a tratti vergognosa, che per mesi ha perso partite su partite. Varese, questa Varese, sarà anche modesta ma non lo è nell’animo, sempre pugnante. Varese, questa Varese, sa far spellare le mani con il suo gioco semplice ma efficace. Varese, questa Varese, cerca di girare i match in difesa. Varese, questa Varese, sbaglia ancora tanto perché è imperfetta, non perché indolente.
Il derby lombardo numero 174 della storia lo dimostra una volta di più, e non può esserci viatico migliore nel cammino verso la salvezza. Contro i cugini finisce 82-98, un punteggio che non rende merito ai tanti frangenti di partita vera: Milano gira la palla come un orologio, tira bene con tutti gli effettivi, ruota gli uomini, accelera, si ferma e poi accelera ancora; Varese, invece, semplicemente combatte.
Con le armi che ha, con i giocatori che ha (non tutti si dimostrano adeguati al palcoscenico: velo pietoso su Kangur, Avramovic impaurito), con il talento che ha. Maynor (15) è pregevole per un tempo, poi viene francobollato dalla difesa di Repesa. Johnson brilla dieci minuti: prima e dopo sparacchia (3/13 dal campo). Eyenga (16) gioca un po’ a nascondino, ma alla fine è positivo con le sue percussioni, Anosike è forse il migliore (13 e 9 rimbalzi), ma viene limitato dai falli, così come Ferrero. L’insieme di questi fattori fa un gruppo che si sublima nel terzo quarto, quando riapre la contesa dal -19, poi esce il talento degli ospiti (devastanti Pascolo, 16 punti, in continuo miglioramento, Mcvan, 15, e il cecchino Dragic, 19).
Milano mostra subito i muscoli, ma la squadra di Caja non si fa intimorire: le bombe di Johnson non entrano, allora ci pensano prima Maynor poi Eyenga a tenere testa ai canestri di Sanders e Mcvan (che mette fuori gioco Ferrero, caricandolo di due falli). L’ala congolese vestita di bianco esalta il PalA2A con le sue penetrazioni, il play di Raedford corrobora l’entusiasmo con 5 punti di fila: al 6’ è 16-10 e Repesa è costretto al timeout. L’allenatore milanese cambia le linee come nell’hockey (se lo può permettere…), la Openjobmetis continua a giocare bene in attacco ma soffre Pascolo e alcuni fischi arbitrali assai dubbi. E si disunisce: Dragic e compagni scrivono – in un amen – un 15-5 che li riporta sopra (21-25 al 10’).
La serie è aperta e Fontecchio, Sanders, Dragic e poi Hickman ribadiscono il concetto: l’Ea7 è in giornata di grazia. Percentuali dal campo vicine all’80% nel frangente, controllo dei rimbalzi, fisico: i padroni di casa subiscono e non segnano più, stritolati nella loro manovra offensiva, con il margine che cresce fino al -15 del 15’ (27-44). Gli ospiti sono frustranti (per i tifosi varesini): ogni azione è un canestro, qualunque sia la mano che esegue. Il -20, allora, diventa quasi logico (32-52). Varese è però brava ad approfittare dell’unica flessione meneghina del quarto e con Maynor si riavvicina a temperature un po’ meno polari (40-54, canestro di Pascolo allo scadere, al 20’).
Kalnietis ricomincia da dove aveva finito tutta la sua squadra, con una tripla, ma la formazione dell’”Artiglio” ha deciso che nel terzo quarto si difende e, eventualmente, si fa anche fallo. Così sia, le cose vanno meglio anche dall’altra parte del campo: Eyenga imbeccato da Maynor, poi un Johnson al risveglio firmano il 52-58 del 24’. Caja passa a zona, i “repesiani” si fermano, Johnson e Ferrero, di pura grinta, no: anche questa volta è logica, la logica del pareggio (61-61 al 27’). Il problema è che Milano ci mette un attimo a ricambiare le carte in tavola, con le transizioni e la “sporcizia” della sua difesa. L’Emporio Armani rimette 8 punti tra sé e gli avversari (61-69), che diventano 9 (64-73) alla terza sirena.
Una squadra che produce il suo massimo sforzo, senza davvero riuscire a cambiare il destino della partita che sta giocando, alla lunga paga. La Openjobmetis non deve nemmeno aspettare a pagare: inizia l’ultimo periodo ed è già sulle gambe. L’attacco non riesce più a concretizzare, i rimbalzi finisco tutti alle canotte rosse, i contropiede subiti non si contano. Dal 64-73, come se fosse un incubo, ci si ritrova in soli 4 minuti sul 64-83: partita finita. Il resto – le triple di Cavaliero e Johnson e una Milano che va avanti in automatico – non cambia la sostanza.