Hanno sfilato per le strade del centro. In perfetto silenzio e allineato con disciplina “militare”. Nella serata di ieri, per il terzo anno di fila, a Varese è stata commemorata la tragedia delle Foibe e degli esuli di Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, da parte del Comitato spontaneo 10 Febbraio, composta dalle sigle di Do.Ra., la Comunità militante dei Dodici Raggi, CasaPound Varese, Forza Nuova e Fiamma Tricolore.
Il corteo, che ha radunato circa 120 persone, è partito attorno alle 20.30 dal piazzale della stazione dello Stato, giungendo, attraverso le strade del centro, fino in piazza Monte Grappa. Dove hanno srotolato lo striscione con la scritta “Sangue e terra dei miei padri esiliati ed infoibati”. Ed hanno deposto una corona di fiori.
Una sfilata silenziosa, un silenzio rotto solo dai colpi di tamburo. Nessuna bandiera di partito presente, ma solo tricolori, come chiesto dagli organizzatori. Alessandro Limido di Do.Ra., che ha guidato il corteo, ha quindi preso la parola una volta arrivati in piazza Monte Grappa, ricordando o la tragedia di 350.000 profughi di Istria e Dalmazia e degli italiani infoibati.
E poi: «Siamo qui per ricordare Maria Pasquinelli, intrepida italiana che dedicò la vita alla ricerca della verità sulle rosse terre di Istria e di Dalmazia. E che la mattina di quel guorno, quel maledetto giorno, sacrificando la propria esistenza, decise di non piegarsi all’ingiustizia».
Maria Pasquinelli era un’insegnante, nata nel 1913, iscrittasi a 20 anni al Partito nazionale fascista. Durante la guerra fu crocerossina. Il 10 febbraio 1947 uccise il brigadiere generale Robert de Winton, comandante della guarnigione britannica di Pola, con tre colpi di pistola alla schiena, come segno di protesta per la cessione della città di Pola alla Jugoslavia. Pasquinelli venne condannata a morte, quindi la sua pena fu commutata in ergastolo.
Dopo 17 anni chiese e ottenne la grazia presidenziale, tornando libera nel 1964. Limido ha letto il biglietto trovato in tasca alla Pasquinelli: «Mi ribello, col fermo proposito di colpire a morte chi ha la sventura di rappresentarli, ai Quattro Grandi i quali, alla Conferenza di Parigi, in oltraggio ai sensi di giustizia, di umanità e di saggezza politica, hanno deciso di strappare ancora una volta dal grembo materno le terre più sacre d’Italia, condannandole o agli esperimenti di una novella Danzica o con la più fredda consapevolezza, che è correità, al giogo jugoslavo, sinonimo per la nostra gente indomabilmente italiana, di morte in foiba, di deportazioni, di esilio».
La manifestazione si è concluso osservando un minuto di silenzio, come gli altri anni. Minuto preceduto dal grido di «Camerati, attenti». E seguito da «Camerati, riposo».