La schiavitù è stata (in teoria) abolita. Anche se sappiamo come questa abominevole pratica, che purtroppo risale alla nascita della civiltà, sia ancora esistente in diverse parti del globo.
Senza andare così lontano, lo sfruttamento dell’essere umano è invece una pratica che possiamo trovare, in diverse forme, anche sotto casa. È lecito domandarsi se dietro il fenomeno dei questuanti ci sia una situazione di disagio sociale e di sfruttamento. Come è lecito chiedersi se la stessa migrazione di persone da un Paese all’altro possa essere mossa da ragioni di sfruttamento economico.
Di fatto, già il lungo viaggio cui sono sottoposti i migranti rappresenta un grande business. Basti pensare ai “prezzi” per i trasporti via terra attraverso il continente africano, e quindi i costosissimi viaggi via mare, per raggiungere le coste italiane. La migrazione rappresenta un grandissimo giro d’affari, che non possiamo non definire come una vera e propria tratta di esseri umani.
Ma non finisce qui. Perché l’arrivo in massa di persone nei Paesi europei, disposte anche a svolgere lavori sottopagati, ha un effetto assolutamente devastante dal punto di vista sociale. Perché incrina il sistema di tutela dei diritti dei lavoratori che, con lotte ormai secolari e con estrema difficoltà, e un grande tributo di sangue, abbiamo costruito.
Avendo come effetto quello di abbattere le stesse tutele per i lavoratori italiani, che già sono sotto attacco da interessi economici internazionali. Ed è lecito domandarsi se l’abbattimento delle tutele lavorative e l’aumento dei flussi migratori non siano collegati, due facce della stessa medaglia di una globalizzazione che ha come fine ultimo la trasformazione dell’essere umano in un semplice “consumatore”, appendice di un sistema economico che ormai sovrasta e annienta gli Stati nazionali.
Questo non significa voler essere egoisti, negare l’ingresso di persone in fuga dalle guerre e dalla povertà. Al contrario, è chiara la necessità di garantire un trattamento degno di esseri umani per coloro che arrivano nel nostro Paese. Ma per farlo ci vogliono regole precise, la presenza di politiche concrete ed efficienti che governino un fenomeno epocale come quello che stiamo vivendo. E soprattutto occorre contenere i flussi migratori.
Una società è in grado di assorbire ed integrare stranieri solo se i flussi sono contenuti. Questo significa applicare rigorosamente politiche di limitazione degli arrivi, dando la precedenza a chi effettivamente è in fuga da guerre, o per il rischio di persecuzioni nel proprio Paese. Il sacrosanto e antico diritto di asilo politico.
Di conseguenza, chi non risulta avere il diritto di asilo, deve essere immediatamente rimpatriato. Un’azione, quest’ultima, che quasi sempre è destinata a fallire, sia per la mancanza di risorse economiche che per i lunghi tempi necessari alla verifica della domanda di asilo, che consentono ai migranti di “dileguarsi”. Lungaggini e inefficienze, dovute al lassismo italiano nel governare il fenomeno migratorio, che, unite ad un buonismo pseudoculturale, sono i fattori che rendono vulnerabile il nostro Paese di fronte all’immigrazione. Sono i fattori che avallano la nuova “schiavitù economica” della nostra epoca.