Quattro medici sul banco degli imputati in tribunale a Monza per il decesso di un paziente ricoverato in una struttura medica del Milanese. I fatti risalgono tra i mesi di agosto e ottobre del 2011: nel giro di un paio di mesi, infatti, il milanese Angelo Archetti, classe 1946, morì.
Era il 30 ottobre del 2011. Il tribunale di Monza sta cercando di stabilire se c’è una correlazione diretta tra le condotte poste in essere dai medici, da quando il paziente fu operato per la prima volta all’addome (primo agosto 2011), e il decesso. Se quindi eventuali negligenze abbiano avuto effetto consequenziale rispetto alla sua morte avvenuta alla fine di ottobre, due mesi dopo il ricovero. L’ipotesi è colpa medica.
Tra gli imputati c’è anche un medico originario di Cislago V. C., classe 1949, ora residente a Mozzate, che però stando alle prime ricostruzioni effettuate dalla Procura potrebbe aver avuto un ruolo forse un po’ più marginale.
L’ipotesi dell’accusa è che nelle loro «qualità di sanitari e segnatamente di chirurghi in servizio alla clinica per colpa consistita in negligenza e imperizia avrebbero provocato la morte di Angelo Archetti». Il ruolo chiave nella vicenda lo avrebbe svolto il primario della struttura 45 anni di Milano.
Il primario, secondo la ricostruzione della Procura di Monza, avrebbe compiuto materialmente l’intervento chirurgico il primo di agosto del 2011. Un’operazione, che sempre secondo la ricostruzione della Pubblica Accusa, avrebbe «provocato al paziente la lesione del pancreas; ciò da cui derivava una fistola pancreatica, con fuoriuscita dal pancreas di succhi che si riversavano nell’addome del paziente». Gli altri due imputati sono residenti a Milano.
Secondo la Procura entrambi i medici, oltre al primario, dalla data dell’intervento fino a quando il paziente non fu dimesso (27 settembre 2011) avrebbero «omesso di sottoporre il paziente ai necessari accertamenti strumentali (ecografia e Tac all’addome), impedendo che si evidenziassero raccolte di liquido in modo da evacuarle».
Il medico di Cislago, invece, il 27 settembre avrebbe effettuato un intervento chirurgico in laparoscopia anziché in laparotomia, come ritiene la Procura «lasciando che alcune delle raccolte di liquido infetto persistessero; inoltre fino al 5 ottobre non avrebbe effettuato ecografie o Tac all’addome per verificare l’efficacia del drenaggio chirurgico effettuato».
La sua posizione potrebbe essere più marginale poiché per la Procura il medico potrebbe essersi trovato di fronte a una situazione clinica già parecchio compromessa.