«A me la terra mi pias. Mi piace. La crosta agricola, la terra d’orto, quella ai piedi della pianta, francica, voncia, che s’introppa d’acqua quando la vien giù e la trattiene. Falla te la terra se sei buono!».
Parole semplici e schiette quelle che troviamo nel potente e attuale affresco di “Cemento e l’eroica vendetta del letame”: uno spettacolo teatrale in scena, il prossimo giovedì 20 aprile, al Cinema Teatro Nuovo di Varese. Il monologo tragicomico di Massimo Donati e Alessandra Nocilla, con Carlo Ponta, per la regia di Eva Martucci e con l’organizzazione di Valeria Brizzi, è realizzato da Teatri Reagenti e presentato da Associazione A.P.I.S., Legambiente Lombardia e Acli Milanesi.
Partiamo dal titolo: “Cemento”.
«La questione è scottante e attuale, dato che secondo recenti indagini solo in Lombardia, ogni giorno, circa 117.000 metri quadrati di suolo vengono urbanizzati, una superficie pari a più di sette Piazza del Duomo di Milano» spiega l’autore Massimo Donati che, insieme ad Alessandra Nocilla, ha scritto il testo della pièce: «Perché si costruisce così tanto e così in fretta? A partire da questa semplice domanda, nasce lo spettacolo che unisce la storia personale di Martino Scarpa a un racconto della nostra quotidianità di cittadini indifesi davanti all’abuso indiscriminato del nostro territorio e alla distruzione della bellezza a cui da tanti anni assistiamo. Però questa non è una storia di abusi, ma una storia di leggi rispettate, che pure stanno condannando il nostro Paese».
Partiamo dal linguaggio scelto, un pastiche dal grande effetto comico: «Il linguaggio di Tino è un impasto di dialetti e italiano, comprensibile anche fuori dal territorio lombardo. Dato che il nostro obiettivo è fare teatro popolare, rivolto a tutti, senza essere elitario, abbiamo voluto sperimentare una lingua, ispirata allo sperimentalismo di Dario Fo, in cui la base lombarda del dialetto fosse mescolata con incursioni di altri dialetti per costruire una lingua che suonasse come del nord Italia, ma che fosse comprensibile a tutti. Una lingua in cui potessero emergere anche la forza del parlar “basso”, con concretezza. Così infatti Tino si difende dalle accuse della legge, ribadendo il vero atto criminale di cui siamo testimoni indifferenti: la distruzione della bellezza».
Ma chi è Tino? «Martino Scarpa, detto Tino, è un personaggio inventato, ispirato ad una serie di storie che abbiamo letto durante la documentazione raccolto prima della stesura dello spettacolo. È una persona molto semplice ma complessa nella sua umanità, un cinquantenne cresciuto nella campagna lombarda, dalla nonna, con la passione per la bicicletta, che “ha faticato il mondo a rotta di schiena”, e che, per il suo amore per la terra, ha compiuto un grave atto di distruzione di ruspe,
trivelle, escavatori. Per questo, Tino, si trova a poter dire la sua, e a rispondere delle sue azioni davanti al giudici, all’ultimo atto prima della sua condanna. Nei panni di Tino, l’attore Carlo Ponta conduce il pubblico in una narrazione avvincente, dal ritmo serrato, comica ma riflessiva, specchio di un’Italia semplice, ma che qualche volta si ferma a guardarsi intorno e a pensare. Un’indagine documentata e allo stesso tempo sensibile sull’abuso indiscriminato del nostro territorio».
Uno spettacolo, tragicomico, che attinge alle esperienze autobiografiche degli autori e che vuole sensibilizzare al rispetto dell’ambiente: «Lo spettacolo vuole intrattenere facendo ridere, commuovendo e indignando chi guarda, ma senza lasciare solo il pubblico, anzi accompagnandolo a esplorare i paradossi di una ragnatela di interessi pubblici e privati, che a fronte di cinque milioni di case nuove vuote, continua a mangiare suolo utile. Perché la speranza per un destino diverso è dietro l’angolo e parte dalla consapevolezza di ciascuno di noi, che siamo il Tribunale davanti a cui Tino fa la sua lunga arringa».
Carlo Ponta e la sua “cicletta” saranno di nuovo in scena, il 21 aprile – Presso “Il cielo sotto Milano”, il teatro nel mezzanino della stazione del passante ferroviario di Porta Vittoria.