Una tragedia troppo grande per essere scritta. Nella mattinata di ieri, in seguito ad un incidente, è morto , ciclista 37enne che si stava preparando per correre il Giro d’Italia. Lo avrebbe corso da capitano questo Giro del Centenario, dopo la rinuncia di Fabio Aru. Secondo quanto riportato dal Corriere Adriatico, quotidiano locale che per primo ha dato la notizia, Scarponi si stava allenando sulle strade di casa sua, a Filottrano in provincia di Ancona, attorno alle 8 del mattino, quando ad un incrocio è stato investito da un furgone.
L’impatto gli è stato fatale, a nulla sono serviti i tentativi di rianimazione sul posto e l’arrivo dell’elisoccorso dall’ospedale regionale di Torrette di Ancona. Avrebbe compiuto 38 anni a settembre ed era reduce dal Tour of the Alps, il vecchio giro del Trentino, in cui era tornato al successo dopo oltre quattro anni fa, indossando per un giorno anche la maglia di leader. Era tornato a casa sua in macchina venerdì sera per raggiungere la famiglia e per continuare gli allenamenti sulle strade di casa: niente riposo, perché ieri mattina alle 8 era già in sella alla sua bicicletta. Lascia la moglie Anna ed i due piccoli gemelli Tommaso e Giacomo.
Correva per l’Astana, la squadra di cui è direttore sportivo il varesino , che fatica a rendersi conto di ciò che è successo. La voce è spezzata: «Sono in difficoltà, perdo le parole davanti ad una cosa del genere. Era benvoluto da tutti e l’infinità di messaggi che giungono in queste ore sui social lo dimostrano in maniera incredibile. Io continuo a pensare alla sua famiglia, non riesco a darmi pace, non so come riuscirà sua moglie a dirlo ai suoi bambini, Giacomo e Tommaso. Michele era una brava persona, un uomo vero, un leader riconosciuto all’interno della squadra».
Anche ha condiviso una carriera intera con Michele, e ripercorre i ricordi: «La sensazione che vivo in questo giorno mi ricorda quando morì Alessandro, il giorno di Natale. Quando mi hanno comunicato la notizia stentavo a credere che fosse vero, mi sembrava lontana dalla realtà. Ognuno si porta dentro il suo dolore, io conoscevo Michele da tantissimi anni, abbiamo corso insieme alla Zalf tra i dilettanti. Abbiamo anche condiviso dei momenti di sofferenza, essendo gli unici due italiani coinvolti nell’Operacion Puerto. Ed insieme ci siamo rialzati, nello stesso giorno, nel Giro del 2010 sul traguardo dell’Aprica. Quel mio Giro fu anche il suo Giro, ci siamo ripresi l’orgoglio, uno di fianco all’altro».
Le qualità di Michele, umane e sportive, erano riconosciute da tutti: «Tutti sapevano che fosse un ragazzo speciale, era un contaminatore di sorrisi. Lascia un vuoto nella sua famiglia ma anche in tutto il mondo del ciclismo. Era tornato alla sera dopo una gara a tappe, e ieri mattina alle otto era già per strada ad allenarsi. Questo fa capire chi era lui, quanto ha dato a noi ed al ciclismo. Per me era un avversario ma anche un amico, ed un papà. C’è davvero un grande dolore». Sarà difficile riprendere ora una bicicletta in mano, ma è la cosa migliore da fare: «Nessuno avrà voglia di salire in bici ora, ma è ancora la cosa migliore da fare per ricordarlo e per fargli un regalo».
, corridore varesino della Nippo Fantini, ha partecipato come Scarponi al Tour of the Alps, fino a due giorni fa. Su Facebook pubblica una foto di quattro anni fa, lui in maglia tricolore e Scarponi giusto un gradino più giù: lo aveva appena battuto laureandosi campione italiano. Sul suo volto, neanche a dirlo, c’è un sorriso. Ivan è incredulo, ma ricorda così Scarponi: «Non credo ancora a ciò che è successo, fino a venerdì eravamo fianco a fianco ed ora mi sembra impossibile che non ci sia più. Purtroppo non ho mai avuto il piacere di correre nella sua stessa squadra, ma abbiamo condiviso il Mondiale di Firenze con la nazionale italiana, ed era la simpatia fatta a persona. Un trascinatore, sempre con la battuta pronta ed il sorriso sempre stampato in volto».
Si sono incrociati per le strade per tutta la carriera, da avversari e da amici. Nelle vittorie di Santaromita, Scarponi c’è sempre stato, un ricordo che dunque si rafforza ancora di più: «Sì, nelle mie vittorie lui c’è sempre stato. Penso al campionato italiano, un arrivo a tre con lui e Rebellin. Oppure al Giro del Trentino dello stesso anno, una volata a tre sempre tra me, lui ed in quel caso Tiralongo. Vinsi io, ero un po’ la sua bestia nera ma tra noi c’è sempre stata amicizia, stima e rispetto».