C’è un rudere nel quartiere di Belforte, diroccato e pericolante: è il Palazzo Biumi, elegante edificio barocco adibito a residenza extraurbana dalla nobile famiglia varesina, adiacente agli avanzi di altri edifici che mostrano tracce dell’antico complesso fortificato medievale un tempo arroccato sull’altura di Belforte, lambita a valle dal corso dell’Olona.
Ora il fortilizio, frequentato da Federico I detto il Barbarossa, non c’è più e anche il panorama che lo circondava è mutato. Un po’ lo si immagina simile all’altura dipinta negli affreschi della seconda cappella del Sacro Monte di Varese compiuti dal comasco Giovanni Paolo Ghianda nel 1624. Chissà se passando dalla tradizionale via per Varese il pittore raccolse la suggestione dell’antico edificio, prima della trasformazione alla metà del XVII secolo per opera di Matteo Biumi.
È da qualche decennio che il complesso architettonico che un tempo dominava, proteggendolo, l’accesso al borgo di Varese dalla antica strada da Malnate ormai attende invano il recupero delle strutture ancora esistenti prima che siano del tutto atterrate e buone solo per i demolitori. Sembra tuttavia che il convegno, svoltosi esattamente due anni fa nel mese di aprile sotto l’egida dei Musei Civici di Varese, abbia avuto il merito di svegliare chi dormiva e di scuotere chi si era assopito riportando al centro la questione della messa in sicurezza, in parte già avviata, del restauro dei volumi architettonici e dell’utilizzo come articolato ambiente archeologico di grande fascino e importanza, da destinare ad attività didattiche e culturali.
Un pezzo di storia varesina che merita di essere salvaguardato: una istanza non solo dei meritevoli che si sono impegnati negli anni a portare a compimento studi, progetti e ricerche ma dei cittadini del quartiere di Belforte che desiderano mantenere vive le proprie origini e la propria storia. Un impegno che l’assessore Cecchi ha intenzione di mantenere avviando una nuova virtuosa collaborazione tra pubblico e privato: a tale proposito perché non approfittare dello strumento di artbonus?
La famiglia Biumi, protagonista della storia politica, economica e artistica di Varese e con un consolidato patrimonio, nella metà del XVII secolo decide di sistemare gli antichi cascinali e i resti del fortilizio già costruito all’epoca della Battaglia di Legnano (1176) e che usava come residenza di campagna sull’altura di Belforte, affidando il progetto a un raffinato architetto che diede forma a un primo corpo di fabbrica (l’unico che viene realizzato) che per le soluzioni costruttive e gli elementi decorativi è spesso ricondotto all’opera di Francesco Maria Richini (1584-1658).
L’idea fu quella di trasformare le costruzioni esistenti in un palazzo nobiliare austero e imponente, secondo un modello di residenza nobiliare che ha una spiccata rispondenza nella vicina Milano ma che all’epoca in Varese non si era ancora realizzato. Il cantiere inspiegabilmente venne interrotto senza portare a compimento l’opera.
Resta l’elegante facciata interna caratterizzata da un porticato con colonne binate e il dettaglio della nicchia aperta nel pennacchio sovrastante che richiama l’analoga soluzione adottata dal Richini nella chiesa di Santa Maria alla Porta in Milano. Nel 1969, lo stesso anno del riconoscimento da parte del ministero della pubblica Istruzione del Vincolo di interesse particolarmente importante, sono stati demoliti alcuni cascinali e porzioni di edifici rendendo difficile oggi la lettura complessiva.
In quei cascinali si svolse parte della storia d’amore fra il marchese Matteo Biumi e una giovane contadina di Malnate, Angela Maria Pedrola detta la “bassetta” o “Baslina”, che all’epoca della cronaca dell’Adamollo viene descritta come uno scandalo.
Il Marchese si invaghì della giovane a tal punto che il padre di lei per mettere a tacere il pettegolezzo e salvare la reputazione della figlia decise di maritarla con un giovane par suo, tale Giovanni Maria Moroni, che evidentemente non disdegnava. Il giorno del matrimonio celebrato nella proprietà di Belforte approfittando dell’assenza del Marchese, questi, venuto a conoscenza del fatto fece subito rientro da Milano per impedire che la sua amante giacesse con il legittimo sposo, trattenendola nella sua camera. Per impedire nei giorni successivi ogni contatto fra i due sposi, l’Adamollo narra che il marchese Biumi costrinse i due a dormire sorvegliati da una monaca Orsolina incaricata di custodire e difendere da eventuale violenza la giovane Angela.
La strana situazione durò poche settimane, fin quando i due amanti non curanti del matrimonio contratto decidono di vivere insieme nel palazzo di Belforte. Da lei il marchese avrà un figlio, Pietro Paolo, che riconoscerà pur senza sposare la madre.