Il primo mondiale lo ha vinto nel 2003 in Florida, era piccolo ma le emozioni e i momenti restano certamente indelebili nella sua mente e nel suo cuore. Le consapevolezze erano diverse da quelle di oggi, non erano ancora arrivate le sconfitte sportive che fanno parte della vita, quelle da cui si cresce.
Oggi Daniele Cassioli ci riprova, lo fa direttamente dalle acque australiane, anticipando quello che normalmente è il periodo dei mondiali: nell’emisfero australe le stagioni sono invertite, gareggerà contro avversari che saranno in acqua da più tempo ma non sarà un alibi, si è allenato duramente in palestra e da fine marzo si sta preparando anche in acqua. Sì, perchè quando fai sci nautico e sei nato a Gallarate prepararti in acqua diventa fondamentale.
Uno sport raro e poco conosciuto. Cassioli ha cominciato prima sugli sci da neve ma da quando aveva 9 anni è entrato a contatto con questo “virus”, come lui stesso ama definirlo, e ci convive da ben 22 anni. Tre sono le discipline di questo sport: lo slalom, le figure e il salto, ma guai a parlare di avversari. Ci sono norvegesi forti che saltano senza paura, americani come Mike Royal che danno battaglia nello slalom, ma lo stesso Daniele ha sempre sottolineato che «il rivale di me stesso sono io». Bisognerà essere pronti, fare semplicemente ciò che si fa in allenamento presso il Centro Federale di Ricetto, mantenere le aspettative di tutto il mondo sportivo. Certo, confermarsi è difficile con tutte quelle medaglie d’oro e quei riconoscimenti al valore atletico ottenuti dal Coni, ma Daniele ce la metterà tutta, curerà ogni dettaglio e a prescindere dal risultato uscirà dall’acqua senza delusioni.
Non abbiamo dubbi sull’esito delle qualificazioni odierne in attesa delle finali di sabato e domenica, e anche se la sua vita oggi è divisa tra lo sport e la fisioterapia, la sua seconda grande passione che è anche quella che gli permette di vivere, non c’è fretta di tornare. Quando ha cominciato, 22 anni fa, il fatto che un cieco stesse in piedi sull’acqua era già un miracolo, oggi si cerca davvero l’eccellenza.
Sì, perchè Daniele è non vedente, ma questo conta poco nella nostra storia se non per dire che lui ha assunto la mission di stare vicino a famiglie che hanno bimbi piccoli con cecità parziale o totale, perchè sa che il suo vissuto può essere utile a qualcuno.
«Non bisogna lasciare alla disabilità la responsabilità di determinare quella che è la felicità e la realizzazione umana e sportiva» ci racconta, perchè ci sono sogni e passioni da coltivare, tanti sport che si possono fare, tante persone che sanno come affrontarli. E comunque vada, sarà un successo.