Andrea Orlando ci crede, e ci crede per davvero. In quella che è una delle più belle espressioni di democrazia che siano mai state inventate – le primarie, le primarie del Pd – la sfida tra lui e Matteo Renzi appare come un momento importante, fondamentale. Oggi, qui, si disegnerà una fetta del futuro politico del nostro Paese. Il ministro Orlando ha accettato di parlare al nostro giornale, in esclusiva, alla vigilia del voto.
In molti casi sono gli stessi che avevano previsto una vittoria travolgente del Sì. Io ho girato il Paese, ho incontrato molto entusiasmo, ma anche preoccupazione rispetto allo stato in cui si trova il Pd. C’è voglia di una svolta, di ricostruire un centrosinistra largo, c’è un popolo smarrito che vede con preoccupazione alle prossime consultazioni elettorale e pensa che se il Pd non cambia linea rischiamo di perdere. L’idea che il Pd debba privilegiare l’alleanza con Berlusconi rispetto al centrosinistra non mi sembra riscuota grande entusiasmo. Per questo sono ottimista.
Direttore, il tuo voto può rimetterci in carreggiata per vincere le elezioni. C’è chi ha provato a tenere basso il clima di questa competizione. C’è chi ha investito sulla rassegnazione raccontanti una storia già scritta. Io dico “vieni a votare e cambia il Pd”. Chiedo il voto perché sono l’unico in grado di rimettere in connessione il Pd con larghi strati della popolazione che ci hanno abbandonato, partendo dai giovani, dal mondo del lavoro e della scuola.
Ha perso una strategia politica. L’idea che la crisi della democrazia si curasse solo con le riforme istituzionali. C’è una crisi sociale durissima, negli ultimi 15 anni le diseguaglianze sono aumentate a dismisura. Ecco, oggi bisogna ridurre i divari. Parlare a quel pezzo di società che teme di non farcela. Creare nuova occupazione qualificata e stabile, premiare e attrarre investimenti, delineare efficaci politiche industriali nei settori più avanzati, contrastare la denatalità con incisive misure a sostegno della famiglia, correggere gli errori nel campo della scuola e del lavoro: così si risponde a ciò che non ha funzionato. Con la disponibilità ad ascoltare la società anche quando è arrabbiata e ad accettare le critiche quando sono fondate.
Lo evitiamo costruendo un centrosinistra largo, coeso, con un progetto di governo credibile che metta al centro il tema dell’uguaglianza sociale. Un progetto che sappia parlare all’Italia che fatica, produce e si sente indebolita da tanti anni di crisi. Le risposte dei populisti rischiano di rendere ancora più fragile il nostro Paese, di isolarlo e di privarci degli strumenti necessari per fronteggiare le sfide globali. Oggi serve più Europa per fronteggiare il tema dell’immigrazione
e del terrorismo, quello dei grandi colossi che sfuggono al fisco mentre le piccole e medie imprese vengono tartassate. La guerra è ai nostri confini, è concreta la minaccia di conflitti nucleari. A Trump che vuole stracciare i protocolli contro il riscaldamento climatico, si risponde con un grande piano per la conversione ecologica, delle costruzioni, della mobilità urbana. Riaffermiamo la nostra civiltà e la cultura della pace, difendendo i confini europei con un esercito comune. Noi non siamo nati per essere solo il partito di quelli che ce l’hanno già fatta, ma per dare l’opportunità di farcela a tutti.