Il futuro è adesso. Basta volerlo. E soprattutto puntare su quella svolta, anche educativa, che in Italia purtroppo ancora manca.
Ma la vera rivoluzione digitale e tecnologica, che porti tutti i cittadini ad utilizzare le nuove tecnologie in maniera creativa ed attiva, e non solo come fruitori passivi, sta arrivando. Le basi stanno venendo poste. E uno dei passi in avanti più importanti è stato fatto proprio grazie al progetto “Digital do it yourself”, che si è concluso ieri a Milano con una conferenza finale.
«Un progetto al quale abbiamo lavorato per due anni e mezzo – spiega il professor Luca Mari, promotore del progetto e suo responsabile – la nostra grande avventura è infatti iniziata nei primi mesi del 2015. E dopo la giornata conclusiva possiamo dire di avere raggiunto i risultati sperati».
L’obiettivo è semplice e ambizioso allo stesso tempo: «Si tratta di portare alle persone una maggiore consapevolezza nell’uso delle nuove tecnologie digitali. Sistemi che potrebbero sembrare, nella mentalità comune, lontanissimi dalla possibilità di impiegarli nella vita quotidiana. Ma che in realtà sono alla portata di tutti, anche a livello economico».
Pensiamo, è uno dei numerosi esempi fatti dal professori, alle stampanti a 3D. «Queste ultime hanno ancora prezzi elevati – dice – mentre ci sono tuttavia altri strumenti dal costo nettamente più contenuto. In questi due anni e mezzo abbiamo studiato appunto tutte quelle tecnologie che possano essere introdotte nella vita quotidiana delle persone. Il concetto chiave è quello del “far da sé”, ovvero utilizzare la tecnologia per produrre quello che serve».
Le stampanti 3D, infatti, rappresentano una vera rivoluzione. La loro introduzione non solo negli uffici, ma addirittura nelle case delle persone, porterebbe ad una rivoluzione della vita quotidiana forse paragonabile solo a quando vennero immessi sul mercato, nel secolo scorso, gli elettrodomestici. O forse potrebbero ad una rivoluzione anche maggiore.
La tecnologia che oggi abbiamo nelle nostre abitazioni fornisce servizi. E le persone, ad esempio in caso di guasto, non hanno la capacità di riparare i macchinari.
Il concetto che sta alla base del progetto DiDIY potrebbe portare ad approfondire ancora di più le proprie conoscenze sugli strumenti utilizzati.
«Anche gli smartphone – continua il professore, vero e proprio luminare delle nuove tecnologie – potrebbero farci diventare, se utilizzati in un certo modo, dei “prosumer”, ovvero chi non si limita ad usufruire dei beni di servizio, ma partecipa alla loro creazione».
Oggi ci si limita ad essere fruitori passivi soprattutto per una questione di mentalità.
«Anche a livello educativo siamo rimasti decisamente indietro – spiega Mari – a livello di seconda rivoluzione industriale. L’insegnante spiega e l’alunno deve ripetere. Questo è il taylorismo. Manca completamente la parte creativa dello studente».
In Italia comunque, secondo il professor Mari, non siamo così indietro come si potrebbe pensare. La ricerca e la voglia di lavorare su questa rivoluzione digitale c’è e si sta manifestando.
Ovviamente, anche grazie al grande lavoro fatto dal progetto da lui creato, e sul quale ieri si sono tirate le somme.
Il progetto è stato finanziato dalla Commissione Europea nel programma Horizon 2020, che dall’inizio del 2015 ha coinvolto 7 istituzioni di ricerca europee con l’obiettivo di definire un quadro concettuale per esplorare e comprendere il fenomeno del fai da te digitale e di produrre linee guida per una sua efficace diffusione sociale. L’evento di ieri è stato l’occasione per discutere, insieme a rappresentanti degli enti pubblici, del mondo industriale, dell’istruzione, il ruolo che il Digital Do It Yourself potrebbe avere nei programmi di sviluppo delle competenze digitali, nella definizione delle agende digitali e delle best practice esistenti in questi ambiti.
Il progetto DiDIY è realizzato attraverso un team multidisciplinare (www.didiy.eu/project/people), da un consorzio internazionale di sette partner, tra cui figura la LIUC – Università Cattaneo, fondata nel 1991 dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, che offre corsi di laurea e laurea magistrale in Economia, Giurisprudenza e Ingegneria.
Gli altri partner sono Communication and Media Research dell’Università di Westminster, Ab.Acus srl, un’azienda che progetta e sviluppa prodotti e servizi tecnologicamente avanzati, Manchester Metropolitan University, il più grande campus per gli studi undergraduate nel Regno Unito, particolarmente specializzata nei servizi per l’inserimento professionale, Free Knowledge Institute, un hub che, dal 2007, coordina diversi progetti internazionali negli ambiti del Free Software, Open Standards, Open Educational Resources, Access to Knowledge, American College of Thessaloniki, un’università che offre corsi in Business, Business Computing, Relazioni Internazionali e Inglese, e il Dipartimento di Design del Politecnico di Milano (IT, www.dipartimentodesign.polimi.it), un’università scientifico–tecnologica fondata nel 1863, che forma ingegneri, architetti e designer industriali.