Passando un’intera mattina fra i reparti della Goglio di Daverio, una delle multinazionali familiari del nostro territorio, si capiscono molte cose di ciò che è veramente l’industria 4.0: primo, che se per giornalisti, economisti e politici può essere un termine un po’ abusato perché di moda, per le imprese si tratta ormai di una realtà insita nel loro dna già da parecchi anni.
All’interno della Goglio abbiamo toccato con mano i concetti di industria 4.0, li abbiamo visti passeggiando reparto dopo reparto, li abbiamo ritrovati nella loro storia. «Industria 4.0 offre una bella descrizione dell’evoluzione che l’industria sta vivendo – ha raccontato Franco Goglio, presidente e amministratore delegato di Goglio -. Se ne parla molto oggi, ma nella realtà è un paradigma che nelle aziende anche senza saperlo è in corso da molti anni. Il Governo ora ha voluto spingere su questo concetto, ed è un bene: è un paradigma che meritava una accelerazione».
La Goglio ci ha sempre creduto: nata nel 1850 come azienda di imballaggi soprattutto per il caffè negli anni si è sviluppata in tutti i paesi europei, negli Usa, nel Far East fra Cina e Giappone. Ha un fatturato di 381 milioni di euro, 1600 dipendenti in tutto il gruppo, di cui 1000 in Italia e 740 solo a Daverio. Oggi la produzione è molto diversificata: tutti i prodotti che usiamo quotidianamente hanno probabilmente un imballaggio made in Goglio. Caffè, latte, succhi, pomodoro: tutto può essere contenuto negli imballaggi flessibili Goglio. «Noi non facciamo una sola produzione – ha sottolineato il presidente della società – ma tante: dalla materia prima, ai componenti in plastica, ai macchinari per l’imballaggio fino al servizio post vendita. Questa è industria 4.0».
Un concetto nel quale la Goglio crede molto: «C’è molto di buono nel concetto di Industria 4.0: la tracciabilità prima di tutto, che è fondamentale per il consumatore e per dare un valore aggiunto alla produzione». Fin dal 2000 l’azienda di Daverio a iniziato a lavorare su questi concetti: «Quasi vent’anni fa ci siamo fatti le prime domande – ha spiegato Paolo Carabelli, responsabile Mes in Goglio – su come potevamo dare un valore aggiunto al nostro lavoro e abbiamo capito che il concetto di Industria 4.0
passa certamente da una spinta tecnologica ma prima bisogna creare un flusso di informazioni fra tutte le variabili aziendali». Ci sono moltissimi dati in una grande azienda come la Goglio, i cosiddetti big dati, raccolti da ogni macchina, ogni operatore, ogni reparto, «dati che governano e abilitano la digitalizzazione, ma bisogna trovare il modo di connettere in modo intelligente persone e cose». Di dati ce ne sono fin troppi, ha spiegato Carabelli «bisogna trasformarli in informazioni». Da lì Goglio ha cercato quindi di raccogliere, standardizzare, organizzare e condividere tutti quei dati «e sono nati i sistemi integrati di oggi». Pensiamo cosa vuol dire trovare una determinata bobina di materiale all’interno di un’azienda grande come un piccolo paese: «Non è così scontato – ha scherzato Carabelli – ecco perché la tracciabilità e la rintracciabilità di ogni componente è fondamentale perché si possa parlare di industria 4.0».
E ovviamente in tutto questo processo fondamentali sono le persone ha aggiunto Marco Crippa, responsabile Risorse Umane: «E’ difficile anticipare le competenze che serviranno domani, perché i cambiamenti sono molto rapidi, per questo è fondamentale agire sulla formazione continua delle persone e noi per farlo abbiamo aperto nel 2014 la Goglio Accademy che ci permette di aggiornare i nostri tecnici».