«Patrizia era ossessionata da Binda». È Pietro Catania, fidanzato di Patrizia Bianchi dal febbraio del ’90 al settembre del ’93, a dare una descrizione sinora mai emersa della super testimone in seno al processo che vede Stefano Binda, 50 anni di Brebbia, imputato davanti alla Corte d’Assise presieduta da Orazio Muscato, per l’omicidio di Lidia Macchi, studentessa varesina uccisa nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1987 con 29 coltellate. Bianchi, nel 2015, attribuì a Binda la paternità della lettera In morte di un’amica, recapitata a casa Macchi il 10 gennaio 1987 giorno delle esequie di Lidia. Una missiva anonima che per gli inquirenti fu scritta dall’assassino o da qualcuno che del delitto sapeva molto. Catania ha affermato ieri in aula, tra le altre cose, che «oggi ho molti elementi per dubitare della sincerità di Patrizia Bianchi. Moltissime delle cose che mi dissero durante la nostra relazione non erano vere».
Un ritratto di Bianchi che, al termine della deposizione di Catania (deposizione citata nell’ordinanza della Corte) ha spinto la Corte d’Assise a cancellare l’incidente probatorio già affrontato da Bianchi che non verrà ascoltata in aula soltanto per circostanze sulle quali non era stata interrogata nell’incidente probatorio di un anno fa, ma « su tutte le circostanze utili ai fini del processo». Il teste è al giorno zero: la Corte probabilmente non soltanto intende poter interrogare la teste su tutto,
ma anche consentire alle difese di poterla contro esaminare su ogni sua dichiarazione. La stessa Bianchi che disse allora fidanzato «in due occasioni – ha spiegato Catania – di sospettare che Binda potesse essere l’autore dell’omicidio di Lidia Macchi. Me lo disse una sera passando accanto a una birreria sul lungo lago di Varese. Disse di aver accompagnato Binda lì a comprare l’eroina. Ripetè questi sospetti una sera mentre ci trovavamo a casa sua». A questo punto Catania ha precisato: «mi disse che secondo lei la prova della colpevolezza stava nell’utilizzo dell’eroina». Per Bianchi Binda si drogava per sopportare l’orrore che aveva compiuto. In realtà Binda era caduto nella tossicodipendenza tempo prima dell’omicidio. «Oggi ho motivo di dubitare di tante cose che Patrizia mi aveva detto. Sull’omicidio Macchi, ai miei occhi, mancano le ragioni di queste affermazioni. Non c’era alcun fondamento razionale». Catania parla di una donna «dall’atteggiamento particolare cresciuta in un contesto familiare particolare segnato dal rapimento e dall’uccisione del nonno». E Patrizia Esposito, difensore di Binda ha chiesto: «Nel senso che era ossessionata da quanto accaduto al nonno, dal non avere avuto giustizia? Tanto da vedere colpevoli ovunque?». «Come ho detto – ha replicato Catania – un comportamento particolare in un ambito familiare particolare». Di Binda Bianchi, innamorata respinta dall’imputato, «parlava in continuazione. Aveva avuto altre due relazioni di cui non faceva parola ma Binda era molto presente nei suoi discorsi. Direi che ne fosse ossessionata». Questa la risposta alla domanda: «Bianchi aveva acrimonia nei confronti di Binda?». E sul perché oggi Catania definisce in sintesi Patrizia Bianchi una donna non sincera il teste risponde: “stavo scrivendo la mia tesi e imbiancando la casa dove avremmo dovuto andare a vivere sposandoci quando lei un giorno mi disse che un uomo le aveva chiesto di sposarla. E alla mia domanda su come fosse possibile che un perfetto estraneo la chiedesse in moglie diede spiegazioni confuse. Emerse che parallelamente aveva una relazione con il suo attuale marito. E – ha concluso Catania – nei giorni successivi Patrizia si presentò a casa mia dicendo ai miei genitori che non aveva la più pallida idea del perché io l’avessi lasciata».