«Non andare a sentire i Deep Purple: non sono più quelli di una volta. Blackmore non c’è più e Gillan con la voce non ce la fa». Dicevano. Sì, sono invecchiati. Ma cazzo se sono invecchiati bene. Martedì scorso un’ipertalentuosa giovane rockband – sebbene tutti gli elementi del gruppo abbiano oltre trentanni (per gamba) – ha fatto tremare il Forum di Assago.
I Deep Purple non sono più quelli di una volta? Forse. Sono più una versione sonora de “La leggenda degli uomini straordinari”. La voce di Gillan c’è, eccome; Glover è un totem di potenza e precisione; Paice un metronomo perfetto; Morse non è Blackmore, ma quanto stile; Don dall’alto di una camicia a fiori – improponibile ma caratteristica – fa faville e le sue dita viaggiano veloci sulle tastiere, quasi fossero accompagnate dal vento.
Le canzoni si susseguono una dietro l’altra in un ritmo vorticoso e crescente. Si inizia con Time for Bedlam canzone “spaccaghiaccio” dell’ultimo – e tecnicamente ineccepibile – album InFinite. Fireball. Johnny’s Band. È un incessante susseguirsi di canzoni nuove, pezzi storici e assoli incredibili. Il pubblico è in estasi e adorazione. Arriva Space Truckin’. Il pubblico si sfoga. Poi arriva lei, Smoke on the Water. E il Forum esplode e trema sotto il suono di migliaia di voci che cantano all’unisono. La partecipazione è ormai al culmine. Hush e Black Night chiudono un concerto maestoso. Cento minuti di grande rock.
I Deep Purple non sono più quelli di una volta? Forse. Ma per QUESTI Deep Purple ci siamo emozionati, scorticati le mani a furia di applausi e consumato le corde vocali. Noi. Perché i “vecchietti” il giorno prima erano a Bologna, quello successivo a Montecarlo, giovedì a Bilbao, ieri a Barcellona e domani a Madrid. Sembra che i “ragazzi” non abbiano tutta questa fretta di andare in pensione. Passione, divertimento e gag autoironiche: «un tempo con la voce raggiungevo il soffitto fino a farla ritornare indietro», ironizza Gillan con Morse nel duetto voce-chitarra di Strange Kind of Woman.
Se il concerto dei Radiohead è stato perfetto e quello dei Linkin Park giusto, che serviva, quello dei Deep Purple è stato energia allo stato puro. Una sberla in faccia a tutte le giovani star che bazzicano il nostro panorama musicale. La dimostrazione che le leggende rimangono tali anche con l’avanzare dell’età. Long live Deep Purple. Long live Rock’n’Roll.