È Venezia, con tutto il suo fascino senza tempo, la vera protagonista del nuovo romanzo noir del varesino “Il Modigliani perduto”, Happy Hour Edizioni, che sarà presentato sabato 15 luglio presso la libreria “Il Libro” di Laveno, dalle 16 (firma copie). Sergio Cova ha già pubblicato “Il piano del Gatto”, nel 2015, i gialli “Tutti colpevoli” (2011) e “Una via d’uscita” (2013), mentre suo racconto “Ventitré”, vincitore del premio NebbiaGialla 2013, è stato pubblicato sul n.
3100 del Giallo Mondadori. Il protagonista del nuovo romanzo è Giacomo Maran, ex falsario ed esperto d’arte, a cui capita tra le mani il diario di un pittore spagnolo realmente esistito e vissuto a Parigi nei primi anni del Novecento, Manuel Hugué y Martinez, detto Manolo, che racconta di aver dipinto una natività sopra un nudo di Amedeo Modigliani. Tra le pagine del romanzo si ritrovano e si gustano riferimenti biografici a Modì e a tutta un’atmosfera artistica, dal fascino irripetibile, tra amicizie e rivalità. «Picasso utilizzò un quadro di Modigliani per dipingere una natura morta – si legge nel romanzo – Ma lo fece come gesto sprezzante verso un altro artista che avrebbe potuto rubargli la scena».
«Nel dicembre 1917, Zborowski organizzò la prima mostra personale di Modigliani alla galleria di Beth Weill in Rue Taitbout» e le sue tele di nudi furono esposte in vetrina, creando tale scompiglio da causare l’intervento della polizia. Modigliani era morto nel 1920 a Parigi e dieci anni più tardi, nel 1930, Venezia gli rese omaggio «con un’esposizione di ottanta lavori, tra dipinti, disegni e sculture. Anche se i critici furono più attenti a sottolineare, secondo le disposizioni della cultura di allora, la sua italianità piuttosto che il suo talento unico». Scovare il Modigliani perduto tra le chiese e le collezioni private di Venezia è la missione affidata a Maran, ma quando alcuni dipinti vengono rubati e lui è accusato di omicidio, all’ex falsario tocca scoprire anche chi vuole incastrarlo. Venezia emerge, in questo romanzo, con il suo fascino da “vecchia cortigiana piegata sotto la pompa dei suoi monili” e vengono a galla le sue stranezze e curiose vicissitudini: «Nel 1984, in occasione della nascita di Modigliani, venne dragato il canale davanti a dove si trovava il Caffè Bardi. Lì, settantacinque anni prima, Modigliani aveva mostrato tre sculture agli amici, i quali lo avevano deriso e gli avevano suggerito di gettarle nel fosso. Cosa che l’artista, in uno dei suoi celebri scatti d’ira, aveva fatto. Almeno secondo la leggenda. Le teste furono trovate davvero, messe in un museo e diversi esperti e critici d’arte le attribuirono a lui. Un mese più tardi, tre studenti universitari, davanti alle telecamere Rai, ammisero che le teste erano opera loro». Come mai ha deciso di ambientare il suo romanzo nella Laguna? «Mi piace camminare lungo le calli meno conosciute di Venezia, quelle poco frequentate dai turisti – rivela l’autore – La conosco perché mia nonna abita a Verona e ogni tanto allungo il tragitto e mi faccio un weekend. Di Venezia mi fa impazzire il fatto che basta svoltare in un paio di viuzze e tutta la confusione dei turisti scompare quasi per incanto». Anche quella del falsario sembra essere un’arte: «Attribuire la paternità di un dipinto non è una cosa semplice. Non basta la firma dell’artista, anzi fermarsi solo a quella è una degli errori più comuni» spiega il protagonista Maran. A chi è si è ispirato per l’ex falsario? «A Han van Meegeren – svela Sergio Cova – un falsario olandese vissuto a cavallo tra le due guerre, che per vendicarsi di un critico che l’aveva stroncato dipinse falsi Vermeer, ma non copie, dipinti originali, recuperando tele e colori. Del resto i falsari e i criminali in generali mi hanno sempre colpito e così ho preso spunto».